Pennarola: “La governance migliore separa proprietà e management”

Il docente della Bocconi spiega perché la separazione è strumento di efficienza: “Chi gestisce si prende responsabilità mentre la proprietà guarda i risultati al momento del bilancio. Quando non succede così si fa difficoltà a gestire bene una società”

Pubblicato il 03 Mar 2014

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Pubblichiamo una serie di opinioni sul tema della governance di Telecom in questo momento al centro del dibattito fra azionisti, organi sociali, stakeholders.

“Sarebbe bello vedere ripetersi il caso Omnitel”, dice Ferdinando Pennarola, docente del dipartimento di Management e Tecnologia della Bocconi ed esperto di change management, commentando il cambio di governance in Telecom deciso dall’ultimo consiglio di amministrazione.

Professore, che cosa c’entra Omnitel adesso?

Nel 1999 con Carlo Maria Guerci pubblicammo un libro, “Monopolio e concorrenza nelle telecomunicazioni”, in cui si analizzava, appunto, il successo Omnitel come un caso di separazione fra azionisti e management, che fu una delle ragioni degli ottimi risultati di quella startup che nasceva da Olivetti. In questi giorni si parla tanto, ed è un bene, di public company perché le decisioni del cda Telecom rappresentano una vera novità nel mercato italiano e fanno ben sperare. Se queste scelte spingeranno a un percorso di separazione fra proprietà e management, un percorso orientato alla qualità della gestione, anche se le posizioni e il momento storico sono diverse, vedere ripetersi i successi di quella startup degli anni 90.

La separazione è quindi uno strumento di efficienza?

Il concetto della separazione fra proprietà e management, che non è molto frequentato tra le società quotate italiane, è molto semplice: i manager sono valutati sulla qualità della gestione delle strategie; proprietà presidia le ultime righe del bilancio, quello che impattano sul ritorno all’azionista.

E se i conti non tornano?

Il manager viene licenziato…

Di solito non funziona così…

No. Questa separazione non c’è mai stata nella realtà. Nei cda si arriva sempre a un compromesso tra quel che il manager propone e quello che chiede la proprietà. Nel modello “separazione” non funziona così: chi gestisce fa e si prende responsabilità, e la proprietà guarda i risultati al momento del bilancio. Quando non succede così, e c’è una molteplicità di azionisti, si fa molta difficoltà a gestire bene una società e in Italia abbiamo qualche caso davvero esemplare. E si vede dal fatto che a parlare continuamente siano gli azionisti e non il manager che dovrebbe essere il capo azienda.

Qual è in questa visione il ruolo del manager?

Un ruolo centrale. Concretamente penso che Patuano si sia preso responsabilità enormi: come manager si sta candidando a essere l’uomo dell’innovazione e dei risultati. La sua è un’operazione di grande coraggio.

Quale sarà adesso il suo lavoro?

Metterci la faccia. Si smetta di parlare di Telefonica, Intesa, privatizzazione. Basta schermaglie. Che il management di Telecom si prenda la responsabilità di dire come va gestita l’azienda. E poi che glielo si lasci fare. Come successe con Omnitel, anche se la vicenda e il contesto erano molto diversi.

Si può fare, professore?

Perché no? Gli esempi di separazione che funzionano ci sono. Hp piuttosto che Yahoo. Per queste società parla e si parla del Ceo che si è assunto precise responsabilità, ovviamente non dorme la notte, ma è lui a gestire e rappresentare l’azienda. Da noi invece parla e si parla del sottobosco degli azionisti.

Il potenziamento degli indipendenti è un pezzo di questo sistema?

«Direi di si, perché di fatto costituiscono un cordone sanitario attorno al management. E fanno sì che il cda lo sfidi a prendere le decisioni giuste. Ma devono essere competenti per evitare che il manager porti in cda questioni appena masticate solo per avere l’assenso dell’azionista.

Ma essere valutati solo sui risultati non può portare, diciamo, a una visione del business di scarso respiro?

Questo è un problema mondiale, soprattutto nelle società quotate, in cui il management è schiacciato sul breve periodo. Ma non mette il discussione il valore della separazione dei ruoli.

Separazione che non richiede necessariamente una public company….

No. È solo una questione di volontà dell’azionista. È una soluzione più semplice nelle compagnie con una maggiore diluizione del capitale, che da noi non esistono. Con l’azionista unico o quasi ci vuole grande lungimiranza per lasciar lavorare in autonomia il management. Ma è possibile. E i risultati si vedono. Storicamente è successo con Omnitel, ripeto. Ma ovviamente non succede solo nel settore delle telecomunicazioni.

GLI ALTRI CONTRIBUTI AL DIBATTITO

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