I pazienti lettori scuseranno l’estensore di questa nota se oggi l’argomento sembra lontanissimo dall’era digitale e affondato nell’analogico che più vintage non si può: le costruzioni Lego. I mattoncini danesi di plastica – ormai l’azienda di giocattoli più redditizia del pianeta, anzi della galassia, dopo avere superato Mattel e Hasbro – sono oggi protagonisti dell’entertainment in epoca digitale.
Hanno negozi bellissimi, come quello del Rockefeller Center a Nyc, e aprono nel mondo parchi a tema, i “Legoland”: a Billund, ovviamente in Danimarca, in Baviera (Gunzburg), Gran Bretagna (Windsor), Malesia (ma proprio davanti a Singapore), uno in Florida e uno in California, in competizione con quelli della tedesca Playmobil. Ad essi ho dedicato un capitolo del mio recente “Entertainment” edito dal Mulino: YouTube è pieno di “sacre rappresentazioni” fatte con il Lego, la bandiera di Iwo Jima, scene della Bibblia oltre a un canale di video Lego. Sugli schermi c’è adesso The Lego Movie e il cerchio sembra chiudersi, ma c’è molto di più. Tutto comincia nel 1999, quando, grazie al licensing, Lego introdusse le icone di Darth Vader e Batman.
E poi Harry Potter, Spider-man, Indiana Jones, Toy Story, lo Hobbit, Pirati dei Caraibi, le Tartarughe Ninja e molti altri, che sono adesso tra i protagonisti del film. Per ogni saga, viene creata una intera linea di icone collezionabili. Siamo dunque di fronte ad una mitologia crossmediale con tutte le caratteristiche dell’era digitale (fandom, community, continuo ping pong fra broadcast e social). Lego riesce ad interessare i ragazzini, ma anche gli adolescenti che seguono sui media le narrazioni a cui si riferiscono le icone; e infine gli adulti, sia in veste di acquirenti per conto dei più piccoli, sia in versione nostalgia.
La nostalgia non è (vorremmo dire ai programmatori di Sanremo) l’ossequio al tempo che fu, ma la riscoperta di pratiche, oggetti, narrazioni da declinare al moderno, modificate, formattate, tirate a lucido: altrimenti non interessano più. E dunque non l’astronave di latta del modernariato, che rimane un oggetto di nicchia, feticistico, da mercatino delle pulci, ma la fusione della saga di Star Wars con un’altra narrazione, che è altrettanto vecchia ma ci propone oggi, nello shop online oggetti nuovi, che sono insieme familiari e innovativi. La nostalgia non è (vorremmo dire ai programmatori di Sanremo) l’ossequio al tempo che fu, ma la riscoperta di pratiche, oggetti, narrazioni da declinare al moderno, modificate, formattate, tirate a lucido: altrimenti non interessano più. Elise Craig, su Wired Usa presenta una tabella con la spettacolare ascesa di performance della multinazionale. Il grafico, manco a dirlo, è fatto con i Lego.