Pubblichiamo una serie di opinioni sul tema della governance di Telecom Italia in questo momento al centro del dibattito fra azionisti, organi sociali, stakeholders.
Le questioni di governance sono legate alla struttura proprietaria e in Telecom Italia mai la situazione è stata così instabile. Ma potrebbe non essere un male. Umberto Bertelè, docente di Strategia e Sistemi di pianificazione al Politecnico di Milano, consiglia di andare a vedere quello che sta accadendo nella stanza di controllo della compagnia di telecomunicazioni per leggere nella giusta luce le nuove regole di governo. “Dopo l’ultimo consiglio d’amministrazione è più in dubbio che nel recente passato il controllo di Telco, e dietro di Telefonica, anche a seguito dell’entrata in gioco in modo massiccio dei grandi fondi internazionali. Siamo in una situazione che tende ad assomigliare a una public company”.
Professore, lo vede come un passaggio positivo?
Accade raramente in Italia che una public company duri molto. Le aziende che si sono trovate in questa situazione sono state oggetto di di take over ostili. Capitò a Montedison, che fu scalata dopo aver fatto un’un’operazione di riduzione della catena azionaria che portò in minoranza in minoranza il gruppo di controllo; è capitato di recente a Parmalat.
Telecom corre questo rischio?
Se ne parla sempre di più. Scalata o frazionamento della società. C’è una situazione di una certa instabilità, con azionisti incerti in un mercato particolarmente dinamico. Che cosa succederà sullo scenario europeo? Perché i fondi sono diventati così attivi? Blackrock è il cavallo di Troia di At&T? Oppure punta solo a speculare sul titolo che è salito? Una risposta ancora non c’è.
Perché si è creata questa situazione?
Per diversi ragioni. Si sono create le condizione per una dispersione del capitale e soprattutto si è risvegliato l’interesse di soci fino ad oggi in sonno a partecipare all’assemblea, a farsi sentire. Prima era possibile governare con una quota relativamente bassa, adesso appare sempre più difficile non è più possibile. Non è Una situazione che potrebbe presentarsi potrebbe accadere la stessa cosa anche in Generali, ad esempio, dove il controllo è mantenuto con quote non rilevanti.
Sta quindi cambiando il ruolo di maggioranza e minoranza?
C’è indubbiamente una maggiore tendenza dei fondi a farsi sentire. Li chiamano “fondi attivisti”, che non sono più passivi nelle assemble e cercano di condizionare le scelte dei capi azienda e non sempre è una cosa buona, perché l’attivismo spesso tende a ottenere vantaggi a breve. Un esempio: PayPal ha ricevuto una forte spinta dai fondi a separarsi da Ebay per una quotazione separata che rappresenterebbe un vantaggio immediato per gli operatori finanziari. Ma che sia una buona scelta a lungo termine ci sono molto dubbi.
Quale potrebbe essere le pressioni su Telecom dei soci usciti dal letargo?
Potrebbero spingere a uno spacchettamento del Brasile per non dare un vantaggio solo si soci spagnoli, per esempio. Che questo sia un bene per la società è un’altra cosa. Potrebbero esserci forti spinte alla riduzione del del debito attraverso la vendita selettiva di alcuni asset. Vedremo prossimamente.
Professore, in Telecom c’è un problema di tutela delle minoranze?
No, perché è sempre più difficile capire nella situazione attuale che cosa vuol dire minoranza. Telco non ha più lo stesso peso di prima perché gli altri azionisti parlano. La decisione di non far saltare il cda è passata nell’ultima assemblea con una piccola maggioranza. L’amministratore delegato Patuano con intelligenza ha capito che la situazione era diversa e ha colto l’occasione per introdurre nuove regole.
Ritiene quindi che Patuano abbia fatto le mosse giuste?
Questa è una vittoria dell’amministratore delegato. Si è trovato di fronte a una situazione che stava cambiando velocemente e ha cercato di rispondere con nuove regole che evitino di dare privilegi a una parte piuttosto che a un’altra. È stata la mossa giusta perché così facendo si è accreditato come garante del buon funzionamento della società. Ho trovato la sua una bella partita, tipica di molti Ceo americani quando si trovano in società compagnie con molti padroni.
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Luca Arnaboldi