La maggior parte dei Cfo (Chief Financial Officer) non sfrutta tutta le potenzialità delle tecnologie esistenti: il 66% basa ancora il suo lavoro su fogli di calcolo e intuizione. E, pur riconoscendo il valore dei Big Data (lo fa l’82%), solo il 24% pensa che la propria squadra sia all’altezza del compito.
Sono dati che emergono da un nuovo studio di Ibm dal titolo “Pushing the Frontiers” (“Spingere le frontiere”), risultato di 570 interviste dirette a Cfo di tutto il mondo. Condotto dall’Institute of Business Value (Ibv) di Ibm, lo studio ha fatto emergere il crescente divario tra l’importanza di competenze e la capacità di svolgerle in modo efficace ed efficiente. Questo fenomeno di “growing gulf” rispetto le ricerche precedenti, si spiega per l’aumento del ruolo del Cfo all’interno dell’azienda, e di conseguenza della criticità delle attività e dei processi della funzione finanziaria. Un esempio è l’importanza dell’integrazione dei dati aziendali nel loro complesso, per la quale 82% dei Cfo intervistati ritiene essere un elemento critico, ma solo il 24% è convinto che il proprio team sia in grado di gestirlo efficacemente. Nel 2005 i Cfo che ritenevano l’integrazione vitale erano il 35%, e il 16% di questi la giudicava efficace. Questo indica un aumento del 205% nel divario tra l’importanza e la capacità di esecuzione del processo d’integrazione.
L’utilizzo dei Big Data differenzia il Cfo di maggior successo: il 44% dei Cfo con migliori performance combina dati interni ed esterni per monitorare, fare previsioni sulla supply-chain, sui dati finanziari, sulla pianificazione e sulla conduzione di analisi di settore. Questi stessi Cfo utilizzano gli insight disponibili per promuovere una crescita redditizia, avere più tempo da dedicare alla creazione di un’infrastruttura sui Big Data, per gestire acquisizioni e cessioni e sviluppare nuovi modelli di business.
Dalla ricerca emerge che il Cfo è ancora “seduto accanto” al proprio ceo. È da notare che i ceo di oggi dichiarano di lavorare più a stretto contatto con il proprio Cfo rispetto a qualsiasi altro collega. E anche i ceo confidano di più sul Cfo rispetto al resto del Consiglio di Amministrazione soprattutto in fase di formulazione della strategia aziendale, rafforzandone così lo status.
I top Cfo interagiscono con i clienti e comprendono il digitale: essi hanno anche una migliore comprensione del dominio digitale che ormai ricopre quasi la metà della strategia aziendale. Inoltre la maggioranza (70%) comprende e collabora con i clienti in modo più esteso rispetto agli altri Cfo.
“Durante i nostri colloqui con i Cfo negli ultimi dieci anni, l’importanza della tecnologia e degli strumenti di analisi è costantemente aumentata” ha affermato Bill Fuessler, Partner, Finance, Risk & Fraud Ibm Global Business Services. “I dati sono sempre stati al centro delle responsabilità del lavoro dei Cfo, che ora riconoscono in quale misura le informazioni dei Big Data aiutino la loro azienda a raggiungere una maggiore competitività”. Ai Cfo si è cominciato a chiedere di anticipare il futuro e scoprire nuove aree di crescita dei ricavi, a partecipare in modo più attivo alla definizione delle strategia aziendale, quindi sempre più in futuro la collaborazione tra il Cfo e il Cmo sarà stretta e importante.
Lavorando su più di nove anni di colloqui con i Cfo, la ricerca Ibm ha svelato un sottoinsieme di Cfodefiniti Value Integrator: persone che sono più efficaci nell’efficienza finanziaria e nella conoscenza analitica rispetto ai loro colleghi. Quest’anno lo studio ha anche identificato un insieme più piccolo di “high perfomer” chiamati Performance Accelerator, Cfo che hanno una padronanza delle loro mansioni così approfondita da essere molto più avanti rispetto ai loro colleghi. I Performance Accelerator hanno infatti riscontrato un successo del 70% superiore rispetto ai Value Integrator, misurati in termini di utili e ricavi generati durante gli ultimi tre anni.
La percentuale di Performance Accelerator efficaci nell’integrazione delle informazioni aziendali nel loro complesso è il doppio rispetto a quella dei Value Integrator. In modo analogo, la percentuale di quelli che sono efficaci nel miglioramento continuo dei processi è del 43% superiore, mentre la percentuale di coloro che sono efficaci nel sviluppare un talento finanziario è superiore del 48%.
“In Pabst, abbiamo trasformato la nostra funzione finanziaria e siamo passati dalla proverbiale corsa delle migliaia di fogli di calcolo a una piattaforma analytics per spostare i carichi di lavoro del team finanziario verso attività a più alto valore aggiunto” ha affermato Cordell Sweeney, Svp e Cfo di Pabst Brewing Company. “La nostra attività prevede un’enorme quantità di informazioni, noi siamo stati in grado di cambiare questa cultura confrontandoci con dati più robusti con i nostri leadership team. L’utilizzo di Big Data e analytics ci ha consentito di modificare la conversazione e di trasformarci in partner a valore aggiunto, usando le informazioni aziendali per orientare il processo decisionale portando a una quota di mercato migliore, a un aumento della redditività e alla creazione di valore per i nostri azionisti”.
Una delle altre caratteristiche che definiscono i Performance Accelerator è data dal fatto che generalmente operano in modo molto più efficiente rispetto agli altri Cfo. In più della metà hanno creato una struttura di erogazione del servizio per guidare la progettazione, lo sviluppo e il funzionamento dei processi finanziari principali. Sono inoltre più propensi, rispetto ad altre organizzazioni finanziarie, a utilizzare un centro servizi condivisi interfunzionali, autonomo per le attività finanziarie transazionali.
I Performance Accelerator hanno anche una maggiore padronanza del dominio digitale dato che circa la metà di loro lavora presso aziende con una strategia fisico-digitale integrata in modo continuo. Inoltre, la maggior parte (70%) comprende i clienti e collabora con loro in modo più ampio rispetto agli altri Cfo.