Pubblichiamo una serie di opinioni sul tema del consolidamento delle Tlc. In Europa la Francia ha aperto le danze con il “caso” Sfr, mentre in Italia sembra sfumare il matrimonio Wind-3. E nonostante il flop di Bip Mobile si fanno strada nuovi operatori virtuali. Il nostro Paese rappresenta un’anomalia? O è ancora presto per i merger?
“L’Europa ha perso dieci anni, dietro a regole sbagliate, che hanno creato una concorrenza artificiosa e dannosa”. “Le ultime acquisizioni sono soltanto il segnale di una ripresa del mercato, ma non è una vera svolta, per la quale serve che il Regolatore produca un quadro di regole favorevole agli investimenti di pochi grandi soggetti”.
Alberto Carnevale Maffè, docente dell’Università Bocconi di Milano, è critico verso la piega che ha preso il mercato europeo. Le ultime acquisizioni in Francia, Germania, Regno Unito non sono rondini che fanno primavera.
Eppure in Europa c’è un’ondata di acquisizioni.
Non vedo un business case chiaro nelle acquisizioni, né evidenti economie di scala. Quasi tutti i benefici di questo consolidamento in atto sarebbero ottenibili con accordi a monte, con la condivisione di frequenze, di torri…Un po’ come ha fatto l’industria automobilistica negli ultimi 15 anni.
Ma allora come si spiegano queste acquisizioni?
Si spiegano come ottimizzazioni locali. Non credo che sia partito un grande processo di consolidamento. Dopo cinque anni di stasi e di crisi, stiamo tornando a valori fisiologici di compravendite.
E allora che servirebbe?
Proviamo ad ampliare la prospettiva. Il vero consolidamento delle tlc europeo partirà eventualmente dai nuovi standard di riferimento. Per anni la competizione è stata artificiale, coltivata in vitro dal regolatore che ha voluto frammentare il mercato perché la teoria economica pensava che ampliando forzosamente la concorrenza si beneficiava il consumatore. Di qui è nato l’obbligo agli ex monopolisti di aprire i network ai concorrenti. Il risultato? Abbiamo abbassato sì i prezzi, ma frammentato il mercato e ridotto gli investimenti. Abbiamo massimizzato i benefici al consumatore nel breve ma peggiorato le performance del sistema europeo, la sua capacità di sviluppare standard tecnologici, com’era avvenuto con il Gsm 25 anni fa.
E quindi?
E quindi la palla ora passa al regolatore…che sono certo non voglia più insistere sui benefici del breve termine, poiché è evitdente che l’Europa ha perso negli ultimi dieci anni i propri campioni dell’innovazione. Il regolatore sta già spingendo verso un modello più basato sulle infrastrutture e sul consolidamento. Tuttavia, dovrebbe fare un passo in più. Sviluppare un quadro regolamentare che garantisca una remunerazione adeguata di investimenti tali da spingere avanti l’innovazione europea. I nuovi standard nascono solo in un mercato concentrato, dove grandi campioni tra le telco sono sostenuti dalle regole.
Potrebbe succedere questo in Europa?
Credo che l’Europa non sia ancora pronta, c’è troppo divisione in seno alle istituzioni europei. Il regolatore dovrebbe sviluppare processi economici nuovi, mentre finora si è limitato a gestire l’esistente. Cioè una torta di mercato che continua a restringersi. L’Europa deve scegliere se fare il passo verso “L’Unione tecnologica europea”, dove c’è spazio solo per cinque attori sul Continente. I grandi operatori infrastrutturali dovranno gestire i nuovi standard. La competizione avverrebbe invece su modelli di servizio e contenuti, non più sul mero accesso alla rete, il cui valore tenderà a zero.
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Andrea Rangone