Già c’è polemica, visto che tecnicamente il mandato del vertice di Finmeccanica è in scadenza, e c’è chi sostiene che l’amministratore delegato e direttore generale Alessandro Pansa e il presidente della holding della difesa Gianni De Gennaro hanno forzato la mano. Fatto sta che dopo una riunione di Consiglio di amministrazione lo scorso 6 marzo Finmeccanica cambia in modo radicale il suo sistema di governance, accentrando presso la capogruppo una serie di otto funzioni strategiche, e soprattutto prefigurando una futura forte integrazione tra il centro e quasi tutte le società controllate.
Anche per questa ragione il “nuovo modello organizzativo e operativo di gruppo” riguarda il settore aerospazio, difesa e sicurezza, e viene definito fondamentale per rispondere “alle sfide poste dalla trasformazione degli scenari internazionali, caratterizzati dalla riduzione dei budget nei mercati domestici, dal progressivo esaurirsi dei programmi finanziati dai governi e dall’aumento dei requisiti di competitività”. Oltre alle società del settore trasporti, ad essere escluse dalla nuova riorganizzazione sono le joint venture internazionali del settore spazio (Thalers Alenia Space e Telespazio) e difesa (Mbda), la controllata americana DRS Technologies e la società assicurativa Fata, per le quali permarrà la responsabilità diretta della corporate.
Formalmente, il riassetto attribuisce a Finmeccanica “un nuovo ruolo di indirizzo e controllo strategico delle aziende coinvolte – si legge in una nota dell capogruppo – nella gestione coordinata tra la capogruppo e le società operative delle attività connesse al prodotto, ai mercati, all’esecuzione degli ordini e al service, nella verticalizzazione delle funzioni di supporto che garantisce l’armonizzazione delle procedure, il rafforzamento della governance e l’identità di gruppo”.
Per ora non si prevede né si allude a possibili fusioni delle società operative nella capogruppo, ovvero le controllate AgustaWestland (elicotteri), Alenia Aermacchi (aeronautica), Selex Es (elettronica), Oto Melara e Wass (sistemi d’arma), che restano autonome e con propri consigli di amministrazione, lasciando inalterato lo schema attuale, che vede una holding al centro di una costellazione di società separate con propria identità operativa. Tuttavia la sensazione è che il cambiamento è più profondo, e che in prospettiva, secondo Pansa e De Gennaro, le spa possano trasformarsi in semplici divisioni di Finmeccanica.
Anche perché da subito la holding di piazza Monte Grappa rafforza in modo drastico i suoi poteri di controllo. La riorganizzazione infatti prevede una “verticalizzazione delle funzioni di supporto”: per otto funzioni centrali (finanza, amministrazione e controllo, personale, relazioni esterne, strategie, commerciale, sicurezza, legale, audit) il personale delle società controllate coinvolte nel riassetto risponderà direttamente al responsabile della corrispondente funzione di Finmeccanica. E questi ne sarà il capo effettivo, benché il medesimo personale resterà dipendente della società di appartenenza e, solo “funzionalmente”, dei relativi vertici. Le società per azioni operative manterranno invece una maggiore autonomia sugli aspetti ingegneristici e produttivi. Insomma, un sistema ibrido la cui efficacia andrà sperimentata sul campo, una volta effettivamente realizzati tutti i passaggi. Sempre che il governo Renzi confermi Pansa e De Gennaro alla prossima assemblea. Quanto ai sindati, solo la Uil mostra di non apprezzare il nuovo assetto. II segretario dei metalmeccanici della Uilm-Uil Giovanni Contento, che dice che “o l’attuale gruppo dirigente di Finmeccanica fa marcia indietro, oppure salta l’assetto industriale del Gruppo, perché così com’è non può reggere la concorrenza internazionale”, e parla di “golpe interno” che porterà al “disastro”.