Il colosso cinese dell’e-commerce Alibaba ha deciso di quotarsi negli Stati Uniti: l’azienda ha fatto sapere di aver avviato la procedura per l’offerta pubblica iniziale presso la Borsa di New York, dopo mesi di speculazioni su dove la compagnia di Hangzhou avrebbe lanciato la sua Ipo. “Questo ci renderà una società ancora più globale – ha fatto sapere l’azienda – e migliorerà la trasparenza dell’azienda oltre a permetterci di perseguire i nostri ideali e la nostra visione di lungo termine”. E’ ancora sconosciuta la data dell’Ipo e se il gigante cinese dell’e-commerce sceglierà di quotarsi sul Nyse o sul Nasdaq.
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Reuters, Alibaba sta anche trattando con una serie di banche occidentali – Citigroup, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs, JP Morgan, e Morgan Stanley – per affidar loro la gestione della sua quotazione sulla Borsa americana; è probabile che la cinese ne scelga diverse all’interno di questa lista, non solo una.
Gli analisti stimano che il gruppo di Hangzhou abbia un valore di almeno 140 miliardi di dollari e che dall’Ipo possa raccogliere anche più di 15 miiardi. Per le banche d’affari l’operazione frutterebbe 260 milioni di dollari in tariffe e commissioni, anche se le indiscrezioni di Reuters non sono state confermate.
Quanto all‘Ipo, non vi sono ancora date fissate, ma dovrebbe arrivare “presto”, forse nel terzo trimestre di quest’anno.
Alibaba, le cui piattaforme gestiscono più merci di eBay e Amazon messe insieme, è stata fondata nel 1999 dall’ex insegnante Jack Ma e altre 17 persone, trasformandosi presto da una start-up in un colosso attivo in tutto il mondo con oltre 20.000 dipendenti. I due maggiori azionisti di Alibaba sono Yahoo, che ne possiede il 24% (ma che ha dichiarato tempo fa di voler diminuire questa quota dopo l‘Ipo) e la giapponese Softbank, che ne controlla il 37%, mentre il fondatore Ma e alcuni top manager possiedono complessivamente circa il 13% dell’azienda.
Alibaba ha fatto sapere che potrebbe considerare di estendere il suo status di società quotata anche in Cina in futuro. L’azienda cinese aveva verificato l’anno scorso la possibilità di quotarsi a Hong Kong, ma i regolatori hanno respinto il progetto per via della struttura di shareholding della cinese che violerebbe il principio-base del “one share, one vote”.