LA NUOVA ECONOMIA

Svolta FinTech, le banche “scoprono” le start up

Presentati nel giro di poche settimane progetti sulle startup, finanziamenti speciali per le nuove imprese, persino hackathon. Gli istituti rompono l’incantesimo e adesso più che svegli sembrano esagitati: ecco come e perché si fanno contaminare dall’innovazione

Pubblicato il 22 Mar 2014

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Dire che è una tendenza è poco. Le banche, che nella tradizione italiana erano “foreste pietrificate”, hanno rotto da tempo l’incantesimo e adesse più che sveglie sembrano persino esagitate: nel giro di poche settimane sono stati presentati progetti sulle startup, finanziamenti speciali per le nuove imprese, persino hackathon, termine e metodo poco consono ai tempi e alle abitudini degli istituti di credito con quella radice di hacker che ancora un po’ inquieta qualcuno. Gli sviluppatori di tecnologia sono preziosi per chi cerca innovazione, come le banche in questo momento. Lo fanno un po’ per convinzione, un po’ per necessità, un po’ per marketing e comunicazione. Ma lo fanno. E questo fa già la differenza rispetto al passato.

“Il mondo va così veloce che non possiamo pensare di fare innovazione basandoci solo sulle nostre strutture interne”, dice senza timori Federico Ghizzoni, ad di Unicredit, che ha appena lanciato lo StartLab, piattaforma di servizi a supporto delle nuove imprese con un alto contenuto di innovazione. Come funzionerà? Selezionerà startup nei settori Life science, Ict/web digital, Clean Tech e Innovative Made in Italy e offrirà percorsi di formazione, incubazione e relazioni con potenziali investitori. Unicredit non si fermerà qui ma farà il suo lavoro di banca, finanzierà cioè le nuove imprese con prestiti da 25 a 250mila euro che, dopo due anni, potranno essere convertiti in quote della società. Per le startup legate alla finanza – FinTech – ci sarà anche una “casa”: uno spazio di 400 metri in Corso Sempione a Milano. Insomma si gioca a tutto campo. Ghizzoni spiega perché con una visione del mercato molto larga: “Tra i nostri competitor non ci sono più solo le banche ma anche operatori non bancari diventati player importanti sfruttando le potenzialità del digitale”. Pensa a Paypal per i sistemi di pagamento o Charles Schwab negli investimenti.

Le banche le opportunità digitali non le hanno sfruttate appieno, finora. E adesso vogliono recuperare il terreno. Per questo diventa necessario “fraternizzare” con mondi fino a oggi distanti. Unicredit ha partecipato all’Hackbank, il primo hackathon del settore bancario organizzato da H-Farm in febbraio e sta lavorando per organizzarne uno in sede. Obiettivo: acquisire innovazione ma anche competenze, accogliendo in azienda gli sviluppatori più abili e intraprendenti.
Impensabile fino a poco tempo fa. Ma l’onda è partita e non si può fermare. Se non altro per spirito di emulazione. In H-Farm sono andati anche IntesaSanPaolo e Banca Ifis, con precisi obiettivi. “Un’occasione per farsi contaminare. Abbiamo voglia di innovazione a tutti i livelli e siamo alla continua ricerca di talenti da inserire nella nostra struttura”, spiega Raffaele Zingone, responsabile Pianificazione Strategica di Ifis. “Cerchiamo nuove soluzioni per il nostro business”, dice da parte sua Danilo Guenza, responsabile del coordinamento comunicazione internazionale di Intesa San Paolo, che è uno dei soci di H-Farm. “Abbiamo intenzione di portare il modello dell’hackathon all’interno della nostra piattaforma dedicata alle startup, Startup Initiative”.

Le banche guardano con sempre maggiore attenzione i nuovi clienti, le imprese neonate che non possono magari offrire le tradizionali garanzie ma possono portare crescita e innovazione. VenetoBanca ha appena messo sul piatto 2,5 milioni di euro per l’imprenditoria digitale e lo fa affiancando l’incubatore H-Farm, che sta in provincia di Treviso. L’istituto è il primo a utilizzare la procedura semplificata di accesso alla garanzia prevista da Mise per le startup per aggirare le abituali logiche del credito bancario.

Sentiremo, quindi, sempre più spesso la parola “FinTech”. Un settore dove le innovazioni più dirompenti sono arrivate dall’estero ma dove l’Italia non è proprio ferma. La prima carta prepagata al mondo è la PostePay. E Amazon ha comprato una startup italiana, GoPago, per potenziare i suoi servizi mobile. Diciamo che finora ad essere poco dinamico era stato il mondo del credito, rallentato da vincoli normativi che spesso sono diventati alibi: se si vuole innovare, la soluzione si trova. Per aprire un conto corrente serve il riconoscimento del cliente e finora questo generava una procedura lenta e ricca di carta? Bnl per la sua nuova banca online, HelloBank, sta usando per prima la videochat, con la benedizione di Bankitalia. Serve visione e volontà. Ce l’ha sicuramente CheBanca! che ha appena lanciato un contest per quattro startup con il Politecnico di Milano e Polihub, in palio 25mila euro e 12 mesi di incubazione. “Siamo una ex startup, visto che siamo nati sei anni fa – ricorda il direttore generale Roberto Ferrari -. E la nostra mission è rinnovare il retail bancario italiano. Per questo sosteniamo l’innovazione: serve a noi e conviene al sistema”. Il futuro dei soldi è cominciato.

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