Respinti oggi tutti gli emendamenti al Decreto Salva Roma ter relativi alla web tax nella parte riguardante la tracciabilità. Nel dettaglio sono stati bocciati, anche con voto contrario del governo sulle modifiche proposte, quelli – tra gli altri – a firma di Paolo Coppola (Pd), Antonio Palmieri (Pdl) e Luigi Di Maio (M5S) che proponevano di abolire l’obbligo di indicare la partita Iva nel caso di transazioni online, nell’ambito del comma 178 che prevede appunto la tracciabilità delle transazioni per la compravendita sul web.
Respinto anche l’emendamento di Daniele Capezzone, Rocco Palese, Sandra Savino e Pietro Laffranco, tutti di Forza Italia.
Viene dunque mantenuto il comma 178 della Legge di Stabilità che prevede: “L’acquisto di servizi di pubblicità online e di servizi ad essa ausiliari deve essere effettuato esclusivamente mediante bonifico bancario o postale dal quale devono risultare anche i dati identificativi del beneficiario, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni e a veicolare la partita Iva del beneficiario. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria degli operatori finanziari, sono stabilite le modalità di trasmissione all’Agenzia delle entrate, in via telematica, delle informazioni necessarie per l’effettuazione dei controlli”.
È una vicenda che sembra dunque non avere mai fine e ogni volta si arricchisce di qualche colpo di scena. Promossa l’anno scorso da Francesco Boccia (Pd), la web tax (ma lui respinge questa definizione, sostenendo di aver “posto un problema di tassazione dell’attività di imprese digitali operanti in Italia”) è stata approvata, poi rinviata a luglio, quindi ne è stata annunciata l’abrogazione.