Vivendi ha scelto: dopo essersi presa anche il weekend per ponderare la sua decisione, ha ignorato gli aggressivi e allettanti rilanci della concorrente Bouygues e i ripetuti caveat del governo francese e venderà la sua società telco Sfr alla holding lussemburghese Altice del miliardario Patrick Drahi, che in Francia controlla l’operatore via cavo Numericable.
Come noto, Vivendi era entrata tre settimane fa in trattative esclusive con Altice. Durante questo periodo il governo francese aveva espresso le sue perplessità sulla scelta del gruppo lussemburghese, proprio per la sua sede estera, e si era invece schierato a favore di un consolidamento sul mercato telecom nazionale. Da parte sua l’altra pretendente, Bouygues, anche nel corso del negoziato esclusivo con Altice, aveva rialzato ben due volte la parte cash della sua offerta per renderla più interessante per Vivendi. Anzi, durante il weekend, Bouygues ha tentato un terzo rilancio in extremis offrendo 15,5 miliardi di euro cash e una quota del 5% nella società combinata.
Tutto questo non è bastato a vincere la riluttanza di Vivendi che ha sempre visto la proposta di Bouygues come più rischiosa da realizzare, anche per i possibili ostacoli antitrust, e meno conveniente per quanto riguarda la partecipazione nella nuova entità telco che si sarebbe formata. In teoria Bouygues ha ancora la possibilità di farsi avanti con un affondo dell’ultima ora, mettendo sul tavolo un’offerta all-cash per Sfr, ma dovrebbe essere una proposta irrifiutabile ed è difficile che Bouygues riesca a trovare una cifra che non distrugga per lei il valore dell’operazione.
Altice pagherà a Vivendi 13,5 miliardi di euro cash e le lascerà una quota del 20% nella nuova società. La holding lussemburghese prevede inoltre una clausola earn-out di 750 milioni di euro. Questo valuta il gruppo più di 17 miliardi di euro, più del valore del deal offerto da Bouygues nell’ultimo rilancio (quando venivano offerti 15 miliardi cash, una partecipazione del 10% nella nuova società e si dava un valore complessivo all’operazione sui 16,5 miliardi di euro compresa una clausola di earn-out di 500 milioni).
I commentatori francesi vedono la decisione di Vivendi come una sconfitta personale per il nuovo ministro dell’Economia Arnaud Montebourg, convinto sostenitore di posizioni anti-globalizzazione, che già come ministro dell’Industria nelle scorse settimane si era espresso apertamente a favore di Bouygues e del consolidamento interno. Ora c’è poco che il governo possa fare per mandare a monte il merger Sfr–Numericable, ma sicuramente Parigi controllerà da vicino che Drahi mantenga tutte le promesse fatte in termini di preservazione dei posti di lavoro e di realizzazione di investimenti in Francia.
In questa battaglia per l’acquisizione di Sfr, durata un mese, due modelli si sono scontrati, come nota oggi l’Economist: il consolidamento offerto da Bouygues, per ridurre la concorrenza nel settore e rilanciare gli investimenti, contro la convergenza proposta da Numericable; la spinta dell’insider francese, il gruppo Bouygues guidato dall’erede del fondatore Martin Bouygues, forte anche del sostegno della classe politica, e il sottile ma efficace ingresso dell’outsider, il miliardario israelo-francese Patrick Drahi, residente in Svizzera, patron della lussemburghese Altice, controllante del “piccolo” operatore del cavo Numericable.
Che cosa succede ora per la “perdente” Bouygues Telecom? E’ l’operatore più colpito dalla guerra dei prezzi che si è scatenata in Francia dopo l’ingresso sul mercato telecom di Iliad, nel 2012. Per gli analisti, perciò, il consolidamento non è un capitolo chiuso e molti ipotizzano che Bouygues, terzo maggiore operatore mobile francese, e Free, il numero quattro, di proprietà di Iliad, potrebbero unirsi per rivaleggiare meglio contro i colossi Orange e la nuova Sfr–Numericable. Solo che nel deal ipotetico Bouygues–Free, è Iliad ad avere la maggiore capitalizzazione di mercato e sarebbe il compratore, mentre a Bouygues toccherebbe il ruolo della preda.
Non è tutto nero però il quadro per Bouygues. Un elemento a suo favore è che la fusione Sfr–Numericable comporta un forte indebitamento: 11,6 miliardi di euro, o tre volte e mezzo il suo Ebitda. Questo potrebbe limitare la sua capacità di reagire alla guerra dei prezzi sul mercato telecom francese permettendo a Bouygues di guadagnare, almeno in una fase iniziale, market share.
Inoltre, la battaglia per Sfr, durante la quale la parte cash che i compratori hanno messo sul piatto è aumentata vertiginosamente, ha fatto salire il valore sull’industria telecom nel suo complesso. Le aziende e le attività francesi, insomma, adesso valgono di più, anche agli occhi degli investitori stranieri; non dimentichiamo che tra i sostenitori finanziari della proposta di Bouygues c’erano due investitori non europei con alto potere di spesa, il fondo sovrano di Singapore GIC e l’Ontario Teachers Pension Plan Board del Canada. Se Bouygues Telecom è destinata ora a diventare l’acquisita anziché l’acquirente, i suoi azionisti ne trarranno molto più valore di quanto potevano ricavarne prima di tutta la vicenda Sfr.
Intanto i grandi beneficiari dell’operazione sono i consumatori francesi e gli azionisti di Vivendi. In un’intervista a Les Echos, il presidente del consiglio di sorveglianza di Vivendi, Jean-Renè Fourtou, ha annunciato che il gruppo destinerà ai suoi azionisti una parte dei guadagni dalla vendita della controllata. “Faremo una festa per tutti gli azionisti sotto forma di dividendo straordinario o di acquisto di azioni proprie”, ha dichiarato Fourtou rimandando la decisione all’assemblea di giugno. Dopo questa operazione, Vivendi sarà completamente libera sul fronte dell’indebitamento e avrà in contanti circa 5 miliardi di euro.