L’equo compenso per copia privata, scaduto nel 2012, verrà aggiornato come previsto dalla legge. Lo ha assicurato il ministro dei Beni e delle Attività culturali, Dario Franceschini, presentando alla stampa i nuovi componenti del Consiglio Superiore dei Beni culturali. “La prossima settimana faremo un tavolo con tutte le parti interessate – ha annunciato – e poi prenderò una decisione. Probabilmente mi prenderò fischi da tutti, perché così accade quando si devono fare mediazioni di questo genere, ma io ho un obbligo di legge, cioè rivedere quelle tabelle che sono del 2009 e che dovevano essere aggiornate nel 2012”.
“Dobbiamo fare il decreto ministeriale per l’equo compenso – ha aggiunto – che va a incidere su una serie di supporti tecnologici che ormai non interessano più nessuno. Va a insistere su smartphone, tablet e computer. Sapete che i punti di vista sono molto lontani tra Confindustria digitale, la Siae e i consumatori. Io ho fatto diversi incontri, l’ultimo questa mattina”.
Franceschini ha poi sottolineato: “Dobbiamo mettercelo tutti in testa, perché in Italia questa consapevolezza non c’è: il diritto d’autore è quello che consente la libertà all’ artista, quello che gli garantisce il suo spazio di creatività. Il diritto d’ autore è stato uno dei temi centrali dell’ incontro della scorsa settimana dei ministri della Cultura dell’ Ue ed è in cima all’ agenda europea, perché tutte le nuove tecnologie comportano questioni attinenti il diritto d’ autore”, ha concluso.
La tassa – la Siae preferisce definirla “rideterminazione dei compensi per copia privata” – secondo le tabelle provvisorie va da 5,20 euro per i nuovi smartphone e tablet, fino a toccare 40 euro per decoder con memoria interna. Va ricordato che non si tratta di un’imposta nuova ma che grava, ad oggi, sugli smartphone per 90 centesimi (zero per i tablet). Gli aggiornamenti sono previsti dal Decreto del 30 dicembre 2009, come adeguamento per lo sviluppo delle tecnologie digitali.
Secondo Altroconsumo “chi acquista musica e film legalmente da piattaforme online, paga già i diritti d’autore per poterne fruire e fare copie su un certo numero di supporti sulla base di una licenza”, dice l’associazione. Secondo Altroconsumo appare ingiusto che il cittadino debba pagare una tassa anche sui nuovi supporti digitali, trovandosi così un doppio balzello: a fronte dei 500 illustri autori e artisti noi abbiamo raccolto oltre 14 mila firme di persone ‘comuni’ che hanno supportato la nostra petizione”.
E anche per l’industria produttrice di device la tassa non ha ragione di essere. “Un aumento del compenso attuale per copia privata andrebbe a penalizzare gli investimenti delle famiglie nelle nuove tecnologie – spiega Cristiano Radaelli, presidente di Anitec – L’Ict è partner naturale dell’industria culturale tanto che se pensiamo al solo settore musicale, il mercato della musica in streaming continua a crescere a un ritmo molto sostenuto e l’Italia è il terzo mercato d’Europa stando al Digital Music Report 2014 di IFPI, l’associazione internazionale dell’industria fonografica”.
“Dai dati raccolti, emerge con chiarezza quanto la diffusione dei servizi di streaming abbia guidato lo sviluppo nei maggiori mercati internazionali verso una crescita del +4,3% e l’espansione del mercato europeo per la prima volta dopo oltre 12 anni. I ricavi derivanti dallo streaming – evidenzia Radaelli – sono cresciuti del 51% nel 2013 per 1,1 miliardi di dollari a livello globale e i cinque mercati di punta in Europa hanno tutti mostrato trend di crescita positivi (Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e UK). Il numero degli abbonati nel mondo è quasi quadruplicato per arrivare a 28 milioni”. Questi dati forniscono un quadro di come l’Ict può contribuire allo sviluppo dell’industria culturale e del mercato di riferimento. Dato che i consumatori utilizzano queste modalità tecnologiche, la creazione di copia privata è di conseguenza in diminuzione.
“L’eventuale revisione delle percentuali relative al compenso per copia privata caricate sui prezzi di vendita dei dispositivi tecnologici non può prescindere da questo scenario, fortemente favorevole proprio allo sviluppo dell’industria culturale” e aggiunge Radaelli “un aumento del compenso attuale andrebbe a penalizzare gli investimenti delle famiglie nelle nuove tecnologie”