La tecnologia? Per i burocrati statali non è una priorità

Secondo i risultati di un’indagine dell’Economist Intelligence Unit solo un quarto dei dirigenti pubblici considera urgente il cambiamento e meno della metà ritiene fondamentale il ruolo dell’e-gov. Si allarga il gap con il settore privato

Pubblicato il 15 Apr 2014

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La tecnologia? Per gli alti burocrati della Pubblica amministrazione europea non è una priorità. Secondo una ricerca dell’Economist Intelligence Unit in collaborazione con Ricoh, due terzi dei dirigenti del settore pubblico del Vecchio continente ritengono che nei prossimi tre anni l’organizzazione per la quale lavorano dovrà evolvere rapidamente per tenere il passo con i tempi, ma solo un quarto pensa che questi cambiamenti siano urgenti e meno della metà pensa che le nuove tecnologie (internet, e-government) abbiano un impatto significativo. In parte anche perché pratiche di e-government sono già in atto in molti paesi europei, ma anche perché la PA non viaggia alla stessa velocità del settore privato.

Infatti, il ritardo dei dirigenti della PA, cioè degli alti burocrati che fanno funzionare la macchina dello Stato e quella delle amministrazioni locali, rispetto alla sfida della velocità, la “Challenge of speed” che l’Economist Intelligence Unit sta conducendo come ricerca in tutta Europa, è ancora più forte se si guarda in riferimento al settore privato. In quell’area solo il 29% dei dirigenti d’azienda pensa che l’impatto delle tecnologie sarà minimo. Tutti gli altri ritengono invece che siamo di fronte a un cambiamento “epocale”.

In realtà, a scendere tra le pagine del fascicolo della ricerca, si scopre che molte cose sono già cambiate, anche contro la volontà degli stessi dirigenti, e che non siamo più all’anno zero della rivoluzione digitale per la PA. Tant’è che negli ultimi tre anni, secondo il report, la maggioranza dei dirigenti (il 71%) ha modificato il modo di operare per via dell’innovazione tecnologica, e la maggioranza di loro ritiene che nei prossimi anni si vedranno ulteriori cambiamenti. In particolare, per il 45% la tecnologia sarà un fattore chiave nella gestione delle risorse umane per l’assunzione di nuovo personale, e per il 44% invece verranno investiti i processi interni fondamentali con l’obiettivo di migliorarli.

Lo scenario non è negativo come può sembrare, sostengono gli esperti di Ricoh: «Gli obiettivi dell’Unione Europea – dice Casten Bruhn, vicepresidente per Ricoh Europe – riguardo alla PA digitale sono chiari: entro il 2015 il 50% dei cittadini e l’80% delle aziende dovranno essere in grado di interagire con gli enti statali tramite sistemi di e-government. Nel 2012 il tasso di adozione di tali sistemi era del 44%. Il dato è positivo e aiuta a spiegare perché i dirigenti pubblici non sono preoccupati e non si aspettano ulteriori cambiamenti significativi guidati dalle tecnologie. Tuttavia, ulteriori trasformazioni sono inevitabili e si verificheranno necessariamente in un breve lasso di tempo».

In un contesto in cui i processi sono sempre più rapidi e digitali è impensabile che i cittadini si trovino a gestire pratiche cartacee lunghe e complesse per rapportarsi con la PA. Anzi, iniziative come quella italiana della fatturazione elettronica tra aziende e PA è un incentivo alla diffusione non solo delle tecnologie ma anche delle procedure e delle pratiche connesse nel settore B2B e poi anche in quello B2C.

Dal punto di vista della Pubblica amministrazione, secondo la ricerca dell’Economist i tre punti chiave sono: il miglioramento della soddisfazione dei cittadini, la massimizzazione dell’efficienza e la preparazione al futuro, che mai come adesso è in rapida evoluzione per quanto riguarda bisogno e opportunità.

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