"Il 2009 è stato un anno particolarmente difficile per
l’intera economia mondiale, il più duro degli ultimi 50 anni di
storia. Il nostro Paese non ha dovuto confrontarsi con gli effetti
più pesanti della crisi, così come invece è successo ad altre
economie sia nel vecchio sia nel nuovo continente, ma anche in
Italia l’anno che si è appena concluso verrà ricordato per la
sua asprezza.
La ripresa è un percorso lungo e non privo di ricadute, e anche se
non mancano i primi positivi segnali di recupero, probabilmente il
2010 sarà un anno difficile.
Sarà però estremamente importante in termini prospettici, se
sapremo gettare le basi per una profonda rivoluzione culturale, che
ci aiuti a riprendere quota nel medio termine, stimolando nel
contempo la nascita di un sistema economico e sociale profondamente
rinnovato. L’Italia è ancora oggi una tra le nazioni con il più
basso tasso di alfabetizzazione informatica d’Europa. Questo
comporta un effettivo svantaggio competitivo, ancor più
preoccupante in questa congiuntura. Il settore dell’Ict può
svolgere un ruolo di primaria importanza per la ripresa, ed è
fondamentale che il nostro Paese non perda questa occasione. Le
aziende italiane che vorranno essere vincenti dovranno ripensare
radicalmente i propri sistemi di comunicazione, mentre i
consumatori sempre più dovranno e vorranno confrontarsi con
strumenti e servizi di nuova generazione.
Il nostro Paese possiede oggi un’eccellente infrastruttura di
telecomunicazioni quanto ad affidabilità ed ampiezza di banda. La
sfida che ci attende è quindi la reale diffusione dei servizi resi
possibili dal broadband, come l’e-government – che nonostante
il positivo impulso impresso dal Governo stenta ancora a decollare
– e più in generale le soluzioni tecnologiche in grado di
migliorare sensibilmente la vita quotidiana di ciascuno di noi.
Credo che solo attraverso una proficua collaborazione tra pubblico
e privato sarà possibile concludere positivamente una transizione
di questa portata. Per questo il 2010 sarà l’anno in cui tutti
saremo chiamati a contribuire attivamente al superamento di quello
che definirei il “cultural divide” italiano".