Via libera dal Cipe all’accordo di partenariato sulla programmazione dei fondi strutturali e di investimento europei per il 2014-2020. Lo comunica lo stesso dipartimento e il coordinamento della politica economica.
Il Comitato, si legge in una nota, ha approvato l’Accordo di partenariato sulla Programmazione dei Fondi strutturali e di
investimento europei per il periodo 2014-2020, “in vista della trasmissione alla Commissione europea entro la scadenza odierna e dell’avvio formale del relativo negoziato tra il Governo italiano e la Commissione europea”.
Alle risorse comunitarie verrà aggiunto il relativo cofinanziamento nazionale, che sarà definito in sede di programmazione operativa. “L’Accordo è frutto di un complesso processo di consultazione allargata a ministeri, Regioni, Enti locali e partenariato economico sociale e dell’interlocuzione informale avviata con la Commissione europea. Sono previsti 11 obiettivi tematici, focalizzati particolarmente su ricerca e innovazione, sostenibilità ambientale, efficientamento energetico e fonti rinnovabili, istruzione, trasporti, con una particolare attenzione dedicata a occupazione e inclusione sociale”, ricorda la nota.
L’Italia aveva dunque tempo fino ad oggi per inviare a Bruxelles l’ultima e definitiva versione dell’Accordo che tenesse conto dei rilievi evidenziati dalla Commissione europea.
Secondo la Commissione Ue nel prima versione del piano c’erano sono lacune e incongruenze rispetto ai parametri comunitari. Lo schema d’interventi previsti, inoltre, apparirebbe ancora troppo frammentario. “Manca l’affermazione di una regia nazionale”, è l’accusa di Bruxelles. Che, tra le altre cose, imputa alle autorità italiane un eccessivo margine d’indeterminatezza sulle motivazioni, gli obiettivi e le tempistiche delle azioni per la banda larga. E spuntava anche un richiamo “a migliorare l’Agenda digitale nazionale”, di fianco ad una sostanziale valutazione negativa sull’attuale piano Piano Strategico Banda Ultralarga.
Il verdetto era stato messo nero su bianco nella missiva al governo italiano datata 10 marzo – e visionata dal Corriere delle Comunicazioni – con cui la Commissione smontava da cima a fondo l’intero impianto dell’Accordo di Partenariato italiano.
Bruxelles sollevava ben 351 rilievi al testo inviato lo scorso 9 dicembre dall’allora Ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia. E chiedeva di riscriverne o integrare ampie porzioni. A cominciare da quelle che interessano l’utilizzo dei 3,6 miliardi di euro (50% europei e 50% nazionali e regionali) destinati al Belpaese nel quadro dell’Obiettivo Tematico 2 della nuova politica di coesione comunitaria (Migliorare l’accesso alle Tic, nonché l’impiego e la qualità delle medesime) e suddivise in interventi per PA digitale, banda larga e sviluppo della domanda.
Secondo la Commissione in tutti e tre gli ambiti “manca una strategia globale volta ad affrontare le carenze in termini di infrastrutture, contenuti e servizi”. Sul banco degli imputati, come aveva del resto anticipato in gennaio il sito di AgendaDigitale.eu, era l’assenza di un piano nazionale per l’uso dei fondi europei per il digitale. L’Italia, scriveva la Commissione, “dovrebbe affermare una regia nazionale col compito di coordinare e guidare l’attuazione di tutte le azioni relative all’Ict per l’attuazione sia delle misure di espansione delle Ngn che della Strategia di Crescita Digitale”.