Alla luce del pacchetto Telecom dell’Ue sul mercato unico (“Connected continent: a single telecom market for growth and jobs”), Strand Consult ha rilasciato una nota molto critica sulle nuove regole per il roaming e la net neutrality, definite “politiche pro-consumatori” che danno la falsa impressione che abbassare le tariffe del roaming basti per creare lavoro e crescita in Europa.
“L’Ue non riconosce le conseguenze della sua politica”, scrive Strand nella sua nota intitolata non a caso “Europe’s disconnected continent”: obbligare ad abbassare i prezzi del roaming è un modo per armonizzare i prezzi delle telecomunicazioni in Europa e questo “inevitabilmente significa che le aziende devono ridurre l’output, abbassare i costi, licenziare dipendenti e ridurre gli investimenti in quelle stesse infrastrutture da cui dipende la società dell’informazione”. Abbassare le tariffe del roaming non servirà a “trasformare il sofferente mercato delle telecomunicazioni”.
Per Strand, la politica Ue del “roam like home”, in base alla quale il consumatore paga all’estero come in patria per i servizi telecom, non tiene conto dei costi sottostanti che variano da paese a paese, come quelli dello spettro, delle tasse, delle infrastrutture, dei termini di contratto. Per Strand la conseguenza è che diminuiranno ulteriormente i già insufficienti investimenti in infrastrutture.
Per le telco l’impatto dell’abbassamento delle tariffe del roaming sarà marginale a livello di entrate dall’utente medio ma peserà soprattutto per le conseguenze non volute, in particolare la nascita di un nuovo mercato di “arbitraggio mobile”, ovvero la vendita di sim card e servizi mobili da paesi low-cost a quelli più cari. “L’Ue non è un mercato unico, né fisico né tantomeno digitale”, scrive Strand.
Secondo gli analisti, l’industria telecom non è riuscita a spiegare ai politici e all’opinione pubblica l’enorme valore delle telecomunicazioni e l’Ue ha finito col creare un pacchetto di misure che non proteggono né aiutano l’industria telecom e non risolvono i problemi fondamentali che rendono l’Europa poco competitiva nel mondo digitale, indietro in investimenti di rete e innovazione.
Solo per riportare qualche dato, gli operatori americani investono quasi il doppio pro capite rispetto agli operatori europei e in Ue il 74% della banda larga fissa è su Dsl, contro il 34% negli Usa e appena il 26% delle persone in Ue ha il 4G/Lte contro il 97% negli Usa. Secondo Strand gli investimenti di rete continueranno a scendere in Europa nei prossimi tre-quattro anni e le aziende cercheranno il consolidamento, sotto la spinta della bassa redditività. Ma le autorità antitrust nazionali ed europee sono molto attente nel valutare le operazioni di M&A e spesso le scoraggiano.
Intanto il traffico sulle reti di comunicazione continua a crescere in Europa e gli Ott come Netflix, Google, Facebook, Whatsapp e Skype cannibalizzano le entrate dell’industria delle telecomunicazioni. “Se l’attuale versione della norma sulla net neutrality sarà approvata dal Consiglio dei ministri, questo trend sarà agevolato”, afferma Strand. “Boom del traffico, quadro regolatorio non uguale per tutti i player, flessione delle entrate degli operatori, incertezza politica e controllo sui prezzi creano un mix esplosivo. Mentre l’Ue disperatamente ha bisogno di investimenti in infrastrutture per l’information society”, concludono gli analisti, “la politica dell’Ue promuove misure che disincentivano gli investimenti e apre le porte a una nuova crisi digitale in cui famiglie e aziende non avranno la connettività necessaria e gli operatori non potranno aumentare i prezzi per mettersi in grado di fornire questa connettività”.