IL RAPPORTO

Italia bocciata dalla Ue: “Troppo pochi gli investimenti hi-tech”

Secondo il rapporto della Commissione europea la crescita è frenata dalla scarsità di risorse destinate ricerca e sviluppo. E lo Stato non aiuta: la burocrazia altro grande “fardello”

Pubblicato il 29 Apr 2014

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La burocrazia e la scarsità di investimenti hi-tech frenano lo sviluppo dell’Italia. Lo dice il rapporto Direttorato per gli affari economici e monetari della Commissione europea, segnalato oggi dal Corriere della sera.

“Molti studi hanno legato la scarsa produttività di un Paese alla qualità deteriorata delle sue istituzioni – spiega il report e la qualità delle istituzioni, così come misurata dagli indicatori della Banca Mondiale, è stata davvero bassa nelle economie dell’Eurozona con bassa produttività. Questo sembra in particolare il caso dell’Italia”.

Secondo la Ue il Tfp dell’Italia (total factor productivity, il fattore che calcola il peso dei vari fattori sulla produttività di un Paese, dal governo e la burocrazia alle tecnologia) si è allontanato significativamente da quello del resto dell’Eurozona e questo calo ha spinto l’Italia a divergere dalle altre nazioni dell’euro.

Lo sviluppo economico, secondo quanto rilevato da Bruxelles, sarebbe frenato anche da un trascurato investimento sull’Hi-tech. Il dossier parla chiaro: “Gli insufficienti investimenti nelle industrie ad alta tecnologia potrebbero essere un’importante spiegazione per il deludente andamento. I Paesi che spendono di più nella ricerca e nello sviluppo tendono a esibire più alti tassi di crescita nel loro Tfp. Quelli che invece hanno speso nella ricerca una parte minore del proprio Pil (ad esempio Spagna, Portogallo, Italia), hanno anche avuto un minore tasso medio di crescita durante il periodo che ha preceduto la crisi”.

Di contro – rispetto all’Italia – hanno reagito meglio alla crisi le poche nazioni come la Germania, dov’è stato maggiore il contributo di capitale originale dalle industrie ad alta tecnologia (ottica, elettronica, comunicazioni digitali in genere), e maggiori anche gli investimenti dedicati alla ricerca e allo sviluppo. Le tabelle rivelano anche qualcosa di più: i Paesi delle ultime file non hanno solo investito meno in ricerca e alta tecnologia, ma nelle loro economie è cresciuto nel tempo il capitale prodotto dalle industrie e dai settori meno avanzati, e questa è una ricetta sicura di rallentamento, di affanno. “Nella maggior parte delle nazioni dell’euro, il contributo alla crescita fornito dal capitale delle industrie ad alta tecnologia è andato sempre più deteriorandosi negli ultimi anni del periodo pre-crisi (2004-2007) specialmente nei Paesi il cui il fattore Tfp declinava, la Spagna, il Portogallo e l’Italia”) – spiega la Ue – Ed è come il classico gatto che si morde la coda: “Gli insufficienti investimenti nelle industrie ad alta tecnologia potrebbero essere un’importante spiegazione per il deludente andamento”.

Per quanto riguarda le tasse invece, secondo l’Ue, “c’è la prova che tasse più alte sulle imprese possono ridurre l’imprenditorialità e la attività di ricerca e sviluppo, sfociando in un impatto negativo sul Tfp: nel 1994 l’Italia aveva una tassazione media vicina al 47%, e fra il 1994 e il 2007 non riesce a far crescere il suo Tfp dell’1%”, mentre la Finlandia supera nello stesso periodo l’1,5%.Nel mirino Ue anche l’efficienza dei governi. L’efficienza di quello italiano, calcolata intorno a quota 0,7 nel 1996, sfocia in un percorso del Tfp dal 1996 al 2007 che resta sotto lo zero (circa -0,2%) mentre la Finlandia arriva a quota 1,7%, l’Austria a 1,2%, e così via.

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