La storia si ripete. I più attenti osservatori delle vicende della banda larga si ricorderanno il lancio dei primi servizi broadband mobili, che venivano pubblicizzati con velocità nominali leggermente superiori a quelle della banda larga fissa. Anche se oggi è passato un po’ di moda declamare la velocità, basta attivare uno speedtest su rete 3G per scoprire velocità di download spesso di gran lunga superiori a quanto rilevabili sull’Adsl di base a casa. Sappiamo che non bisogna guardare solo al download, che contano anche upload, latenza, stabilità, copertura indoor e così via, ma rimane l’effetto destabilizzante che la lettura di queste prestazioni può avere sul consumatore finale.
Se poi si avventuriamo nel mondo del 4G scopriamo che si può ampiamente superare la soglia dei 30 Mbit/s in download e quella dei 10 Mbit/s in upload, sebbene con un’elevata variabilità delle prestazioni, come dimostrano i dati Agcom. Tutto questo, mentre i più recenti dati Akamai sanciscono che la velocità media dei collegamenti da rete fissa è attorno a 5,2 Mbit/s, anche se le prestazioni della banda ultra larga fissa – laddove disponibili – mantengono le attese con velocità superiori a 30Mbit/s. Cosa fare a questo punto per fare maggiore chiarezza? Una possibilità è quella di seguire la strada intrapresa con le offerte di rete fissa, che sono corredate dall’impegno sulle prestazioni minime garantite e la conseguente possibilità di recesso in caso di mancato rispetto. Una strada invece alternativa, più semplice e magari ancora più efficace, è quella di rendere sempre più trasparente e chiara la comunicazione delle prestazioni effettivamente raggiungibili.