IL COMMENTO

Net neutrality, negli Usa quattro mesi per decidere

Dopo il voto di ieri la Fcc dovrà trovare consenso per sostenere la propria proposta. Prudente la Casa Bianca: “Apprezziamo che la Fcc tenga le opzioni aperte”. Ovum: “Troppi punti ancora poco chiari”

Pubblicato il 16 Mag 2014

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Le proposte sulla net neutrality della Fcc, su cui da ieri si è aperto negli Usa un dibattito pubblico, potrebbero cambiare il futuro di Internet, scrive oggi il Financial Times, perché gli Internet service providers potrebbero far pagare società del web come Netflix e YouTube un extra per poter raggiungere i loro utenti a velocità più alte, pur se a condizioni che la Fcc valuterebbe di volta in volta con particolare attenzione.

La Fcc ha già perso negli Stati Uniti due cause sulle norme della net neutrality e anche la proposta odierna ha suscitato critiche e proteste: le tech companies hanno mandato una lettera alla Commissione temendo una grave minaccia per l‘Internet aperto e diversi manifestanti si sono affollati ieri davanti alla sede della Fcc durante il voto. Anche politici, musicisti e autori Tv si sono espressi, a volte anche con veemenza, a difesa della net neutrality.

La Casa Bianca ha reagito con prudenza, invece, dicendo che osserverà da vicino il percorso della normativa per assicurarsi che alla fine la Fcc voti comunque un documento rispettoso dello “spirito della net neutrality”.

“Il presidente della Fcc Tom Wheeler ha detto che il suo obiettivo è difendere l’open Internet e apprezziamo il fatto che abbia tenuto tutte le opzioni aperte”, ha commentato Jay Carney, portavoce della Casa Bianca.

Wheeler ora dovrà darsi da fare per arginare le critiche prima del voto finale sulle regole proposte, previsto tra quattro mesi, quando si concluderà la consultazione pubblica. Secondo il Financial Times, è possibile che la Fcc apporti ulteriori modifiche al suo documento, in base ai commenti che arriveranno. Secondo la società di analisi Ovum, la proposta della Fcc resta poco chiara su alcuni punti e si presta perciò a controversie.

“La possibilità di creare ‘corsie veloci’ è netta, nonostante le norme disegnate dalla Fcc siano state ritoccate negli ultimi giorni”, scrive in una nota Matthew Howett, Practice Leader del gruppo Telecoms Regulation di Ovum. “Ma si tratta di capire che cosa intende la Fcc per condizioni ‘commercialmente ragionevoli’ alle quali si proporranno gli accordi di prioritisation. Le azioni di lobby nelle ultime settimane sono state intense”, indica Howett, “ma da oggi prevedo un dibattito ancora più infuocato”.

Anche l’Europa del resto si trova con una normativa sulla net neutrality che si presta a più interpretazioni: l’Ue dovrà chiarire per esempio che cosa intende per “servizi specializzati”, quelli che possono godere delle corsie preferenziali a velocità garantita, secondo Ovum. “Dopo il voto della Fcc negli Usa, e il recente voto in Europa sul pacchetto telecom, le cose non potrebbero apparire più diverse sulle due sponde dell’Atlantico”, scrive Howett. “Le proposte sull’open Internet dell’Europa, allo stato attuale, sono molto severe sul fatto che tutto il traffico vada trattato in modo uguale, al punto che così formulate potrebbero diventare inattuabili, mentre gli Usa si sono aperti con decisione alla possibilità di creare ‘corsie veloci’ con accordi tra gli Internet service provider e le società del web. Tuttavia la verità è nel nel mezzo: entrambi i tentativi di legiferare su Internet lasciano aperta la porta alla creazione di traffico prioritario, basata sull’assunto che la corsia di base resterà non toccata (quindi non rallentata o addirittura bloccata) dalla creazione di corsie veloci”. Un assunto che, secondo Ovum, non è così scontato.

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