RaiWay non si tocca: lo ha detto Beppe Grillo durante la puntata di ieri di “Porta a Porta” condotta da Bruno Vespa. “RaiWay è uno degli asset strategici del nostro Paese, è importante, bisogna tenersela per i tralicci e per l’immagine dell’Italia” ha affermato il capo del Movimento 5 Stelle riferendosi alla società per azioni del gruppo Rai responsabile della rete di diffusione del segnale radiotelevisivo della Tv di Stato e della gestione e manutenzione degli impianti di diffusione.
Il leader genovese ha ricordato che RaiWay prevede 2.300 postazioni, oltre 1.800 strutture dislocate su tutto il territorio, più di 150 torri, 600 tra ingegneri e tecnici.
L’argomento è tornato di attualità quando lo scorso 30 aprile Luigi Gubitosi, direttore generale della Rai, ha avuto mandato dal Cda Rai di ridefinire il piano industriale di RaiWay. Il direttore generale sarà così chiamato a recepire nella sua proposta le indicazioni del decreto Irpef, dando inizio alle procedure propedeutiche alla vendita di una quota minoritaria di RaiWay.
Pur suggerendo di non cedere RaiWay, Grillo ha però riconosciuto i problemi della tv pubblica alla quale il governo Renzi ha chiesto tagli per 150 milioni di euro. “La Rai va ridimensionata – ha osservato il capo dei 5 Stelle – ha 13 mila dipendenti, 3 società gestiscono 1 miliardo con le fiction”. Poi ha anche confessato: “Sono anni che non pago il canone Rai”.
Ha inoltre preannunciato un processo online per diverse categorie. “Noi vinceremo le europee – ha sostenuto – e poi vinceremo anche le politiche. E faremo il politometro a tutti, un processo online. Ci sono diverse categorie – continua – i politici, per i soldi che hanno preso. I cittadini devono avere il diritto di processare i politici. Poi ci sono gli imprenditori come De Benedetti e Tronchetti che non se ne possono andare nei paradisi fiscali come se niente fosse senza essere processati. E poi ci sono anche i giornalisti: Vespa che rappresenta nel bene e nel male la stampa. Sarete processati anche voi online – ha detto rivolgendosi ai numerosi cronisti – abbiamo bisogno di uno sfogo, di uno ‘sputo’ digitale. Faremo un processo che durerà un anno”.