VALUTA DIGITALE

Bitcoin, armi e droga: la moneta virtuale nel mirino degli Usa

Fbi e magistratura indagano sui presunti legami tra le società che trattano la valuta virtuale e Silk Road, la piattaforma online per la vendita illegale di armi e sostanze stupefacenti chiusa a ottobre dalle autorità americane

Pubblicato il 21 Mag 2014

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Le autorità statunitensi hanno aperto un’indagine su possibili legami tra le società che consentono scambi di Bitcoin, la controversa valuta virtuale, e Silk Road, bazar online chiuso lo scorso anno perché accusato di traffici illegali.

Lo rileva il Wall Street Journal citando persone informate sui fatti, che specificano tuttavia come le indagini, avviate da giudici e agenti dell’Fbi, siano ad uno stadio iniziale e non siano ancora stati appurati eventuali collegamenti tra le due realtà.

L’indagine è stata aperta dopo che a gennaio scorso è stato incriminato il proprietario di un Bitcoin exchange proprio per presunti legami con Silk Road.

Ma già nell’inverno precedente i giudici federali di Manhattan avevano inviato mandati comparizione a diversi gestori di piattaforme di scambio di Bitcoin, tra cui Mt. Gox, piazza virtuale giapponese per lo scambio della moneta digitale poi finita in bancarotta a febbraio scorso dopo avere “perso” 750mila Bitcoin di clienti e 100mila della società, per un valore di 345 milioni di euro.

A Mt.Gox i giudici avevano chiesto gli identificativi delle transazioni dei clienti e materiali relativi alle loro richieste agli investitori.

È da tempo che sulla controversa valuta digitale è scesa l’ombra di Silk Road, piattaforma di e-commerce dove venivano scambiati armi, droga, documenti falsi e materiale pornografico, tutti pagati esclusivamente con Bitcoin. Dopo aver chiuso Silk Road, i magistrati hanno incriminato il suo presunto founder, Ross Ulbricht, per cospirazione e altri reati. Lui però si è dichiarato innocente e ha negato di aver fondato Silk Road.

A gennaio si è preso una denuncia Charles Shrem, imprenditore ed evangelist del Bitcoin: è stato accusato di riciclaggio di denaro attraverso la sua società, BitInstant, che scambiava dollari con questa valuta virtuale e raccoglieva fee sulle transazioni.

Per quanto riguarda la vicenda MtGox, il 28 febbraio il gestore, Mark Karpeles, ha depositato richiesta di bancarotta al tribunale di Tokyo, riconoscendo la sottrazione della valuta virtuale. Richiesta accolta dalla corte distrettuale della metropoli nipponica, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Jiji Press.

Karpeles si era scusato per aver causato problemi a molte persone. All’inizio del mese, infatti, erano stati congelati i prelievi degli utenti (la società ha addotto la responsabilità a un attacco informatico di hacker) e pochi giorni fa la piattaforma era stata del tutto bloccata. Risultato: spariti 750mila Bitcoin di clienti e 100mila della società, per un valore di 345 milioni di euro. L’agenzia giapponese Kyodo News ha inoltre quantificato in 6,5 miliardi di yen (47 milioni di euro) i debiti contratti dalla società, ammontare che è molto superiore al suo patrimonio.

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