Riforma PA, Ciniero: “Sostenere le nuove professioni”

La riforma della PA annunciata dal premier punta ad attaccare le inefficienze della burocrazia giocando sull’innovazione tecnologica. In parallelo alla consultazione pubblica il Corriere delle Comunicazioni ha dato voce ai manager delle aziende e ai protagonisti dell’Ict per raccogliere considerazioni, pareri, suggerimenti. Parla l’Ad e presidente di Ibm Italia

Pubblicato il 29 Mag 2014

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Se il Governo intende dare concretezza alle intenzioni espresse in questi ultimi mesi, la strada obbligata, da infilare in velocità, è una sola: ripensare i processi organizzativi, affrontare i nuovi scenari investendo in innovazione tecnologia e sostenere lo sviluppo delle nuove professioni. Ciò che, pur in ritardo, sta per essere dispiegato – dall’identità digitale al fascicolo sanitario, passando per il consolidamento delle infrastrutture – porterà di certo i suoi frutti. Ma, oggi, non è più sufficiente a un Paese con un gap così drammatico. L’intero sistema, di cui la PA è elemento fondamentale, necessita di un salto culturale e di un’innovazione radicale sperimentati già da altre geografie.

La risorsa strategica sono i big data. Non mettersi nelle condizioni di sfruttarli, con risorse tecnologiche alla portata di tutti, costerebbe parecchio. Non solo perché il mercato che spalancano vale miliardi di euro. Ma perché il contributo, in termini di trasparenza ed efficienza al rapporto tra Stato, imprese e cittadini, e quindi all’intero Sistema Paese, sottende un valore immenso. Il pedaggio da pagare è lo sforzo da compiere per una collaborazione tra pubblico e privato, mettendo a fattor comune capacità, anche mutuate da esperienze internazionali. E, nel contempo, per un sostegno ai giovani affinché possano abbracciare nuovi percorsi di studio. Già oggi, per esempio, c’è bisogno di data scientists e di esperti in cognitive computing ma non solo. Noi, come azienda, stiamo seminando con investimenti e iniziative affinché ciò ci si realizzi.

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