Era l’ormai lontano 2007 quando, nell’ambito del Nuovo Sistema Informatico Sanitario, in Italia si parlava di fascicolo sanitario personale e si cercava di tracciare un percorso sinergico tra sistema sanitario e paziente, rinsaldando – in una prospettiva che doveva essere del tutto nuova e razionale – il rapporto di continuità tra quest’ultimo e il medico.
Oggi, alla luce del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sul Fascicolo Sanitario Elettronico, pare che questo scenario sia completamente cambiato. Secondo gli esperti, infatti, il Fascicolo Sanitario Elettronico – vero e proprio strumento del cittadino che può aiutare a migliorare la qualità della vita propria, della sua famiglia e della collettività – sembra essere “un’occasione mancata” che, come sottolinea Fabrizio L. Ricci, Ricercatore Lavse-Cnr, non rappresenta, in realtà “uno strumento per la clinica, poiché la collaborazione tra medici, operatori sanitari e cittadini non si fa mettendo a disposizione i documenti di refertazione o, almeno, non solo”.
“Ci si ferma ad una visione da referti online”, prosegue Ricci, sottolineando come non sia “ancora chiara la filosofia della collaborazione che dovrebbe essere alla base del Fse”.
A tutt’oggi, infatti, non si parla più di percorsi di cura condivisi o di scambi di pareri o di consulti, insomma di quegli elementi imprescindibili per ogni relazione cooperativa che è alla base di un sistema di medicina territoriale (il valore primario del Fse risiede infatti nella capacità di stimolare un ambiente collaborativo tra i cittadini e i professionisti sanitari e sociali, armonizzando i vari processi di diversa tipologia agenti sul paziente, originando un processo globale di prestazioni socio-sanitarie). Ricorda Ricci: “Ciò di cui si parlava anni fa come del ricovero e della corsia virtuali in merito ai quali si erano fatti studi ed esperimenti, è ad oggi rivisitato in modelli organizzativi, ma sembra andato perduto e questo comporta, per la sanità elettronica, ogni volta ripartire da capo”. In tale prospettiva il Fascicolo Sanitario elettronico avrebbe un ruolo portante proprio perché, come già accennato, esso (teso a gestire gli oggetti informativi necessari alla definizione, alla pianificazione, all’attuazione e alla storicizzazione di un piano di cura in un’ottica di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione e assistenza socio-sanitaria), così come risulta dalle Linee Guida del ministero della Salute, è uno strumento che dovrebbe produrre effetti positivi ed innescare un circolo virtuoso sia per la raccolta, la catalogazione e l’utilizzo razionale dei dati amministrativi, sanitari e sociali, sia per il rapporto Ssn e la tutela della salute dei cittadini; la sua adozione, dovrebbe esser poi sostenuta da una campagna di sensibilizzazione rivolta ai cittadini sui vantaggi e sulle possibilità del Fse oltre che da programmi di formazione e di aggiornamento del personale a tutti i livelli professionali.
Va da sé che in un’area così complessa come quella della Sanità che presenta forti elementi di innovazione ma, nel contempo, altrettante criticità, occorre aver ben chiaro, quasi cristallino, lo scenario sul quale venga ad inserirsi qualsiasi innovazione tecnica e/o tecnologica. D’altro canto il Paese, negli ultimi anni, sta chiedendo una nuova sanità a fronte di una crescita esponenziale dei bisogni di salute e delle conseguenti problematiche da essi derivanti. “La richiesta – incalza Ricci – va oltre la salute ed investe la qualità della vita. In quest’ottica l’assistenza sanitaria è ritornata ad essere vista con un approccio sistemico: continuità e condivisione di cure, integrazione socio-sanitaria, nuovi modelli organizzativi, nuove forme di assistenza, telemedicina, ecc.”.
Alla luce di ciò il Fse – che, occorre sempre ricordarlo, è tenuto a garantire, in qualsiasi applicazione, il rispetto della tutela del dato personale, del segreto professionale e delle sue declinazioni pratiche – diventa uno strumento efficace per il cittadino, fortemente impattante sulla qualità della vita sia del singolo che della collettività; contestualmente agevola il ruolo proattivo del cittadino, anche attraverso la presenza di servizi dedicati che gli consentono di monitorare lo stato di salute e l’andamento delle terapie, migliorare gli stili di vita, rinforzare il self-care management, collaborare in modo più conscio con i professionisti socio-sanitari.
L’uso appropriato dell’informazione e delle comunicazione attraverso l’Ict, consentirebbe, conclude Ricci, “una migliore risposta in termini di un’organizzazione più efficiente delle risorse e dell’erogazione di servizi e quindi una maggiore produttività sia nell’assistenza che nella prevenzione, oltre ad una riqualificazione della spesa: la gestione avanzata dell’informazione può essere un’opportunità per facilitare il cambiamento in atto nel sistema, ponendo il cittadino al centro, per garantirne la qualità della vita, per rispondere in modo flessibile ai differenti e diversificati bisogni dei singoli cittadini, attraverso la personalizzazione dell’assistenza socio-sanitaria”.