Nelle economie moderne non è facile distinguere tra il “settore pubblico” e la macchina della “pubblica amministrazione”, ma nel paese delle oltre 100mila leggi e regolamenti statali e regionali, l’obiettivo dovrebbe essere facilitare la vita a cittadini e imprese con una semplificazione nelle attività quotidiane. Purtroppo, le cronache dicono che anche nell’ultimo anno il “bosco” legislativo si è infittito e l’iper-regolamentazione porta anche rischi di errori e sanzioni. La riforma voluta dal governo dovrebbe incentivare i comportamenti virtuosi: della PA e degli amministrati. Siamo l’unico paese che ha la Pec, ma anche quello che ha una delle più basse consuetudini con l’online. Saremo il primo con la fattura digitale obbligatoria, ma anche quello con i pagamenti più lenti. Occorre “pensare europeo” e diffondere buone pratiche: uniamo bastone e carota: in banca, un bonifico online costa meno di uno cartaceo, perché richiede meno lavoro. Sarebbe bene un piccolo incoraggiamento a chi dopo essersi dotati di Pin, Pec, codici digitali vari, venisse anche “premiato” per il loro uso, riducendo la moltiplicazione delle comunicazioni, istituendo corsie preferenziali per le pratiche online.
Dalla PA ci attendiamo un atteggiamento che concorra a facilitare l’investimento delle aziende, attraverso semplificazione dei permessi, tempi più rapidi e certi nella definizione di contenziosi, attribuzione delle commesse e assicurazione in materia di ricorsi, mentre vi dovrebbero essere criteri quantomeno “europei” in materia di prezzi e tariffe, poiché un conto è il controllo della spesa, un conto è scaricarlo solo sui fornitori esterni. La PA è un grande centro di spesa: per questo può avere un impatto notevole nel sostegno dell’economia. Anche perché l’eccessivo ricorso alle politiche del minor prezzo, che pongono in subordine qualità e supporto, finiscono in genere con il premiare fornitori extra-Ue.