CONFINDUSTRIA DIGITALE

Catania: “Chi ha paura dell’innovazione fa male al Paese”

Il presidente di Confindustria Digitale invita a spegnere il “fuoco” sui giganti del web e dell’Ict. “Dobbiamo essere orgogliosi se in Italia operano multinazionali che aiutano a innovarci. Chi marcia contro ha solo paura del cambiamento e porta avanti un approccio anti-storico”

Pubblicato il 12 Giu 2014

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“Bisogna aver paura di chi ha paura dell’innovazione e del cambiamento. Perché non solo è un approccio anti-storico, ma è anche un dibattito vecchio, superato e dannoso per il Paese”. Il numero uno di Confindustria digitale Elio Catania accende i riflettori sulla necessità di uscire dalle vecchie logiche e instradare una volta per tutte l’Italia sul binario dell’innovazione e della globalizzazione. “Il nostro Paese deve fare parte del circuito di conoscenza e competenza globale. E bisogna che questo concetto si radichi. La sfida è agganciare il “mondo”. Il concetto di azienda nazionale è ormai superato da tempo. La globalizzazione ha già ridefinito i perimetri e per questa ragione mi stupisco di chi sta cavalcando l’onda della paura piuttosto che quella dell’opportunità dell’innovazione”.

Pur chiarendo e dando per scontato che “bisogna operare in un contesto di regole certe e uguali per tutti”, Catania ci tiene a spegnere il “fuoco” accesso intorno ai giganti del web e dell’Ict ritenuti un pericolo da scampare. “Le cose non stanno così: dietro questi nuovi attori ci sono nuovi modelli di impresa. Sono centinaia le imprese che fanno del digitale il pilastro fondamentale della loro cultura di impresa. Quindi non è proprio il caso di scatenare movimenti anti-innovazione. Bisogna cavalcare l’innovazione e non temerla. E anzi dobbiamo essere orgogliosi se nel nostro Paese operano multinazionali che ci aiutano a innovarci, a crescere e a sviluppare grandi progetti per la modernizzazione di PA e imprese. Così come dobbiamo essere contenti che campioni Ict nazionali crescano e diventino globali”.

Ciò non vuol dire lasciare tutto in mano agli “altri”, ma entrare in un circolo virtuoso che sia di stimolo alla nascita di una nuova imprenditoria nel nostro Paese e acceleri la roadmap dei progetti. “In questi due mesi – sottolinea Catania facendo riferimento all’inizio del suo mandato in qualità di presidente di Confindustria digitale – ci siamo accorti che il quadro dell’innovazione italiano è statico e che nonostante la spinta del premier Renzi e l’attenzione dell’esecutivo ai temi dell’innovazione, il Paese va lento e non si è ancora riusciti a fare quel salto quantico in grado di chiudere il gap-debito da 25 miliardi di euro che ci separa dall’Europa in termini di ritardo digitale”.

Bisogna dunque accelerare e “tutti dobbiamo rimetterci in discussione, indipendentemente dal business di riferimento”, dice Catania ricordando che il semestre italiano di presidenza del Consiglio Ue può essere un’occasione per ridefinire gli obiettivi e spingerne l’attuazione. Secondo il numero uno della “costola” digitale di Viale dell’Astronomia le parole chiave sono collaborazione e integrazione: “C’è bisogno di un nuovo modo di lavorare e di spirito collaborativo. Perché è evidente che il modello in uso non ha funzionato. E soprattutto bisogna scendere sul terreno operativo”. Di qui la creazione di sette Steering Committee in seno a Confindustria digitale – ciascuno dedicato a un’area e ciascuno capitanato da Ad o presidenti di importanti aziende del comparto Ict a cui lavoreranno sia piccole che grandi imprese – “per trasferire know how e competenze all’interno delle imprese italiane e della PA. È questo uno degli obiettivi del nostro nuovo piano industriale (discusso ieri in occasione del Consiglio generale di Confindustria digitale, ndr) che si è prefissato risultati concreti a breve termine da condividere già in autunno. Basta con i Libri bianchi, qui c’è bisogno di azioni concrete, piattaforme, modelli che aiutino lo sviluppo”. La questione delle competenze è dirimente: “Manca ancora la comprensione su ciò che le tecnologie possono apportare in termini di crescita e competitività cambiando pelle a imprese e PA. Bisogna assolutamente spingere in questa direzione”.

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