Sono numerose le opportunità offerte dalle nuove reti e infrastrutture per il sistema Paese, ma occorre superare il digital divide, semplificare la legislazione, snellire i processi e ragionare sempre più in un’ottica europea. È quanto è emerso dal dibattito “Nuove reti e nuove infrastrutture: quali opportunità per il sistema Paese?” che si è svolto nell’ambito del convegno “Telco per l’Italia” organizzato dal Corriere delle Comunicazioni.
“In Italia il divario digitale – dice Cristoforo Morandini, Associated Partner di Between – è rilevante sull’utilizzo di Internet e delle reti di nuova generazione, ma soprattutto della banda ultralarga. D’altra parte sono sempre più numerosi gli esperti che riconoscono il valore delle infrastrutture a banda larga. Dobbiamo dare loro una mano”. Mano che potrebbe arrivare dalle politiche governative. Come? “Le politiche attuali sono barocche, statiche e analogiche, ma ci piacerebbe pensare – dice Morandini – che i politici attuali dessero attuazione a quello che andava fatto dai responsabili che li hanno preceduti. E comunque non andiamo avanti se manteniamo un impianto legislativo anacronistico”.
A proposito di banda ultralarga, e di cosa dovrebbe fare il governo per contribuire a implementarla, Stefano Pileri, amministratore delegato di Italtel, ritiene che occorra “riprendere totalmente l’analisi dei piani degli operatori, allargare in maniera decisa le aree di intervento dei finanziamenti governativi e continuare ad utilizzare i modelli di partecipazione pubblico-privato”. Pileri ricorda che anche nel precedente settennato sono stati sfruttati questi modelli, ma i fondi europei di cui abbiamo usufruito sono stati pochissimi, o comunque “molti meno di quanto noi stessi abbiamo erogato alla Ue”. Infine l’ad di Italtel ha sollecitato gli operatori italiani ad “agire in un’ottica europea, pensando di poter competere non solo a livello italiano ma, appunto, europeo. Le regole del mercato unico – ha concluso – ci sono e possono portare grossi benefici”.
Sul fronte degli operatori ha parlato Ermanno Berruto, responsabile Techonology Architecture di Wind. Nel ricordare che “gli investimenti di un operatore sulla rete sono un motore centrale non solo per lo stesso operatore ma per lo sviluppo del Paese”, Berruto ha sottolineato che una delle grandi difficoltà è rappresentata dal “rispetto dei limiti di campo elettromagnetico. Paesi molto attenti alla salute – ha ribadito – come la Germania hanno limiti 5-6 volte superiori ai nostri. E i vincoli imposti all’Italia hanno come conseguenza indiretta il proliferare del numero di antenne”. Berruto si è poi soffermato sul concetto della velocità massima di Internet sulla rete mobile, sottolineando che quello che conta non sono i picchi di velocità ma la velocità media elevata. “È stimato che il 10% degli utenti in Italia generi il 70% del traffico della rete: questo significa che il bene dello spettro e della tecnologia non è equamente distribuito”.
Se Berruto sollecita una revisione dei limiti dei campi elettromagnetici, José Mir, direttore marketing strategico e coordinamento delle attività estere di Sirti, ricorda le vicende normative che caratterizzano la possibilità di effettuare scavi. “Nonostante tutto – afferma – da un punto di vista normativo sono stati fatti tanti passi avanti sull’abilitazione di nuove tecnologie e sugli scavi di microtrincee. Si può dire che è un quasi goal. Quando ci troviamo a fare i lavori, però, nonostante l’uso di minitrincee e strumenti meni invasivi, ci viene comunque richiesta la copertura del manto stradale come se usassimo ancora strumenti invasivi. Contiamo che l’adozione da parte nostra di nuovi materiali non venga più vista più come minaccia ma come un agevolatore”.
Max Locatelli, Director Service Provider Italy Cisco Italia, invita le telco a “pensare diverso in futuro. Telco significa telephone company, ma oggi il telefono è diventato una piccola parte del tutto. Per questo noi di Cisco parliamo di Internet of Everthing, mentre gli altri parlano di Internet of Things. Le telco devono sfruttare il grande valore in loro possesso in materia di dati, localizzazione ecc. per portare nuovi servizi sulla rete”.
Sul futuro della rete Quinto Fabbri, direttore strategia Ericsson Regione mediterranea, è convinto che uno degli aspetti più interessanti, se non l’unico, sia la virtualizzazione, “un’opportunità di rendere le applicazione facilmente scalabili e più rapide nel trasferimento in Rete”. Perciò occorre “favorire e portare avanti la trasformazione verso la virtualizzazione degli operatori”.
Di virtualizzazione parla anche Roberto Loiola, presidente e ad di Alcatel-Lucent. “Abbiamo sviluppato – dice – i due concetti di virtualizzazione e Sdn partendo da due startup. Di virtualizzazione si occupa una startup nata tre anni fa in Israele e che ora è integrata in Alcatel-Lucent. La nostra ‘arma’ per l’Sdn è invece Nuage, startup nata nella Silicon Valley che sviluppa metodologie e soluzioni radicalmente nuove per fornire soluzioni Sdn. E stiamo lavorando su moltissimi progetti in questi settori, anche se per il momento preferiamo mantenere il riserbo sui dettagli. A questo punto speriamo che la prossima startup globale parta dall’Italia”.
Telecomunicazioni significa anche satelliti. A parlare del ruolo del satellite nello sviluppo delle nuove reti è Renato Farina, ad di Eutelsat Italia. “Il satellite non è qualcosa che verrà, ma è già operativo e fa avere ai cittadini la connettività ovunque. Non è una realtà in competizione con le infrastrutture di terra ma complementare. È una soluzione per competere a livello globale: non è più costosa, né meno efficiente di altre, anzi in alcuni casi lo è di più”. Dopo aver sottolineato l’importanza delle comunicazioni satellitari anche nell’innovazione nella scuola, Farina ha detto: “In questo ultimo periodo anche la PA ha riconosciuto il contributo che il satellite può dare alla risoluzione del digital divide. Questo è un primo passo che dovremmo continuare a sostenere”.
E il ruolo del satellite nello sviluppo delle nuove reti? Ne parla Marco Petrone, Corporate Development di ViaSat Group. “La nostra è un’infrastruttura complessa – dice – e il ruolo di Viasat è importante perché il non uso di queste informazioni costa al Paese 40 miliardi l’anno di euro pari a 2,5 punti del Pil”. Petrone ricorda che venerdì scorso Viasat ha acquisito il 70% di Enigma Telematics, società britannica, mossa che le consentirà di sviluppare il mercato britannico e internazionale. “Per favorire il mercato – ha concluso – occorrono sistemi obbligatori per alcuni trasporti, sistemi incentivati su altri e soprattutto meno burocrazia e meno imposizioni fiscali”.
Infine Pietro Biscu, ad di Ads Assembly Data System, sottolinea che la “vera innovazione nel mondo delle telco è riuscire a fare sistema e snellire i processi”. Citando l’esempio della sua azienda che ha assunto personale in un momento di contrazione del mercato ed ha dipendenti con età media di 28 anni, Biscu ha concluso: “Le istituzioni devono fare da driver e i media non si devono dimenticare di parlare delle eccellenze”.