Sdn, Telecom pronta al decollo: “Qui si gioca il futuro della rete”

Sandro Dionisi direttore TI Lab: “Siamo già in fase di test: i primi progetti operativi dal 2015. L’obiettivo sarà un network smart. Abbiamo piani ambiziosi di riduzione dei layer di rete. Puntiamo a semplificare le piattaforme tecnologiche attraversate dal flusso di dati tra internet e i clienti”

Pubblicato il 25 Giu 2014

sandro-dionisi-telecom-140625120829

Ricerca nei laboratori, collaborazione con le università italiane, progetti sul campo pronti a partire con una strategia graduale ma costante di test e attivazione. Telecom Italia si muove in modo aggressivo verso le nuove tecnologie Software Defined Network (Sdn) e Network Function Virtualization (Nfv). “Il 2014 – dice Sandro Dionisi, Direttore TI Lab di Telecom Italia – sarà un anno di test e i progetti operativi cominceremo a vederli dal 2015, anche se alcune attività oggi sono già in funzione”. La velocità è forte e la concorrenza, è l’implicito, può anche restare a guardare.
Nuove tecnologie in produzione nella rete vuol dire un preliminare investimento in ricerca e sviluppo che passa attraverso l’eccellenza del TI Lab di Telecom Italia. È il posto giusto per chiedere come sarà la rete tra cinque anni.
“L’obiettivo, la rete target, sarà una rete intelligente, smart. Abbiamo piani ambiziosi e possibili di riduzione dei layer di rete, di semplificazione delle piattaforme tecnologiche che il flusso di dati tra internet e i clienti attraversa. Vogliamo poi arricchire l’offerta tramite funzionalità di gestione e di policy del traffico e nuove app diversificate in funzione della qualità che intendiamo dare al cliente.
Questo è un aspetto interessante. Quali opportunità offre la possibilità di segmentare il traffico per i diversi clienti?
L’idea è che si possa distinguere un’offerta o un tipo di servizio scegliendo di dare più prestazioni. Se consideriamo le tecnologie per la virtualizzazione delle funzioni della rete (Nfv) e la rete definita dal software (Sdn), possiamo vedere che offrono opportunità molto ampie.
Ad esempio?
Immaginiamo una struttura in cui c’è una rete con il cloud al suo interno: i nostri punti di presenza avranno apparati che saranno sempre più simili a datacenter. Già oggi i nostri hub sono sempre più spesso basati su una serie di server.
Quindi non ci sarà più differenza tra voi e un datacenter tradizionale?
No, ci sarà sempre una grande differenza rispetto a quel tipo di struttura: noi dobbiamo gestire il traffico in modo dinamico e geograficamente variabile mentre i datacenter gestiscono servizi residenti al loro interno. Nella rete invece dobbiamo spostare app e servizi in modo dinamico per aggirare eventuali anomalie e per indirizzare capacità dove c’è richiesta e quindi dove serve.
Un esempio?
Pensiamo al mondo della mobilità. Bisogna spostare capacità dal centro della città dove le persone si trovano di giorno per lavorare, rispetto alla sera in cui si spostano nelle zone residenziali. Questo avviene anche nel mondo dei dati su fisso. Al riguardo non bisogna mai dimenticare una cosa.
Cioè?
Uno dei primi propulsori delle tecnologie Sdn è stata Google, che voleva spostare il suo traffico tra datacenter geograficamente distanti in modo rapido: era una rete grande ma relativamente semplice. Le reti delle telco sono molto più complesse perché arrivano fino al cliente finale, sono più articolate da gestire, la sfida è maggiore.
Questa è la visione del futuro. Ma quali sono i criteri per definire lo smart network?
Bisogna distinguere le policy di gestione del traffico in funzione del tipo di servizio. Oggi siamo abituati ad avere la connessione Adsl a casa e poi tutto il traffico è uguale, dal video alla posta al web. È chiaro però che le esigenze dei servizi non sono tutte uguali: il video richiede maggiori prestazioni e il futuro presenta la sfida del 4K, che è altissima definizione con richiesta di capacità di banda ancora più elevata. Serve una appropriata qualità del servizio e il “best effort” non basta, non accontenta più tutti.
Quindi è una questione di tipologia di servizi che spinge la rete smart?
Non solo. La rete smart è necessaria anche per le diverse tipologie dei clienti, perché sulle stesse reti si serve la clientela del mondo consumer e del business, che hanno necessità ed esigenze di servizi diversi.
Qual è il ruolo degli standard aperti in tutto questo?
È centrale. Noi di Telecom Italia siamo nei consorzi che li definiscono, sia architetturali che tecnologici e quanto serve per specificare le soluzioni migliori. In questi contesti si stanno presentando numerosi vendor di origine differente, sia i “volti” noti del mondo network che quelli dal mondo IT. L’effetto del cambiamento di passo si sente fortissimo: a Barcellona al forum della mobilità pochi mesi fa in ogni stand si parlava di virtualizzazione e di Sdn.
Quale strategia serve al mercato?
Adesso la target solution è chiara. Va resa applicabile con standard in corso di definizione, ma serve un percorso a step perché non si può trasformare radicalmente una rete costruita su tutti altri presupposti nel corso di una notte. Bisogna fare cambiamenti graduali di tecnologia e riorientare gli skill delle persone che ci lavorano non solo di ingegneria ma anche di gestione e manutezione.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati