Sdn, Cerone (Ericsson): “Ora si ridiscutono tutti i ruoli”

Parla il manager della multinazionale svedese: “Il cambio di paradigma imposto da Sdn e Nfv è una grande opportunità. Verranno ridimensionati i pesi dei dominatori del mercato del networking basato su tecnologia IP.
Nel nuovo assetto giocheremo una parte molto importante”

Pubblicato il 26 Giu 2014

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Per arrivare alla Networked Society serve una trasformazione profonda di tutta la struttura della rete. Secondo Ericsson, le conseguenze che emergono da questa discontinuità saranno molte, tra queste il fatto che l’operatore non sarà più l’unico player sulle infrastrutture di rete per i servizi.
“L’obiettivo che Ericsson vede attendere per il futuro – dice Fabio Cerone, Head of Fixed Broadband and Convergence di Ericsson Regione Mediterranea – è quello di una Networked Society, di una società in cui tutti sono connessi, persone e dispositivi per avere una quantità di dati e informazioni condivisi che permettono di avere innovazione e collaborazione”.
La vostra azienda produce un rapporto periodico sullo stato della connettività: cosa prevedete nell’immediato futuro?
Abbiamo impiegato cento anni a collegare un miliardo di case e solo 25 a collegare 5 miliardi di persone in mobilità. Nel 2019, tra soli cinque anni, ci saranno 9,3 miliardi di Sim, di cui il 60% per smartphone. Il traffico aumenterà di 10 volte e di questo il solo video conterà per più del 50% del traffico in mobilità.
In questo scenario cosa prevedete che succederà alle infrastrutture? Quale cambiamento è all’orizzonte?
La nostra visione poggia su tre pilastri: la rete, il cloud e l’ecosistema di partner. La rete diventa programmabile in tempo reale per personalizzare i servizi sulla base delle esigenze e delle app implementate e caricate nel cloud. Le capacità della rete vengono esposte tramite interfacce di programmazione (Api) standard e aperte, creando un ecosistema di partner in grado di sviluppare app e quindi creare nuove funzioni e in ultima analisi innovazione.
Quale ruolo gioca il cloud in questo?
È fondamentale. Si espande dai confini del datacenter e diventa distribuito. È la possibilità di usare la virtualizzazione dei servizi di rete e il Software defined network che permette di “disaccoppiare” il cloud dal datacenter, distribuendolo su una infrastruttura più ampia. Per noi è fondamentale che la rete si combini con il cloud e a questo punto l’elemento decisivo nella nostra visione è l’orchestrazione.
In cosa consiste?
Si tratta di intelligence automation. La possibilità di implementare in rete servizi di connettività basati su diversi parametri. C’è molta attenzione da parte dei clienti Tier One, con i quali facciamo sperimentazione avanzata.
C’è una gradualità nella strategia o si avanza a tappe forzate?
Siamo di fronte a un cambiamento che sta succedendo ancora più in fretta di quel che ci saremmo aspettati. Chi saprà cavalcare questo cambiamento tecnologico e di paradigma avrà un asset competitivo rispetto agli altri. I follower, quelli che in questo momento stanno alla finestra a guardare, in realtà rischiano di rimanere parecchio indietro.
Che tipo di sfide pongono le innovazioni strategiche della Sdn e della Nfv?
Sono tecnologie nuove che offrono grandi opportunità e cambiano il modo di lavorare e pensare la rete. Con la Nfv si prendono funzionalità di rete che storicamente girano su nodi specializzati, si virtualizzano e si remotizzano in ambiente cloud. L’infrastruttura sottostante deve collegare le funzionalità alla rete stessa. Il collante è lo Sdn, che porta a ragionare non più nel singolo datacenter ma nell’area estesa. Si virtualizzano delle funzioni di rete all’interno di sistemi di cloud che possono a loro volta essere distribuiti all’interno della rete dell’operatore e non più in un solo datacenter.
Cosa deve fare un operatore Tlc in questa fase?
Si deve far trovare pronto: siamo di fronte a sfide importanti. La nostra proposta strategica e commerciale come partner degli operatori è di affrontare una rivoluzione come una normale evoluzione: bisogna pianificare bene le fasi e siamo convinti che si possa gestire tutto.
Cosa rappresenta per voi questo cambio di paradigma?
Per noi è una grande opportunità. Questo cambiamento ci permette di passare dal networking classico, basato su tecnologia IP che ha fatto diventare Cisco e Juniper i padroni del mercato, a un nuovo assetto nel quale riteniamo di poter giocare un ruolo molto importante. Abbiamo leadership tecnologica con 33mila brevetti e leadership di servizi con 64mila professionisti. Gestiamo reti per un miliardo di utenti finali, facciamo servizi gestiti. Possiamo allargare la nostra offerta anche al mondo enterprise. Insomma, abbiamo un ruolo importante e cresceremo ancora.
Qual è il ruolo italiano?
Il nostro Paese non è un follower. Gli operatori con cui interagiamo sono interessati a capire e sperimentare. Ma Usa e Corea del Sud o Australia sono i posti davvero avanzati per l’implementazione di questi paradigmi. E non si fermano ad aspettarci.

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