OSSERVATORI POLIMI

Polimi, spesa per Public Cloud in aumento del 40% in un anno

Nel 2014 in Italia ha raggiunto quota 320 milioni di euro, dice l’Osservatorio Cloud & Ict as a Service del Politecnico di Milano. Mariano Corso: “Un trend dirompente che può abilitare una vera e propria rivoluzione organizzativa”

Pubblicato il 26 Giu 2014

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La spesa in servizi Public Cloud è aumentata del 40% rispetto all’anno scorso, raggiungendo quota 320 milioni di euro, “a dimostrazione che anche in Italia vi è un elevato livello di consenso sul fatto che il Cloud sia un elemento di profonda trasformazione per il Sistema Informativo aziendale”. È uno dei dati più rilevanti emersi dallo studio dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service, giunto alla quarta edizione e promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano. La ricerca, presentata a Milano presso il Campus Bovisa in occasione del Convegno “Cloud, ora si fa sul serio!”, ha analizzato dettagliatamente l’evoluzione dell’offerta e i modelli di adozione di tale modello nelle aziende di grandi, medie e piccole dimensioni

“A distanza di un anno i numeri di mercato evidenziano come l’opportunità di un ‘cambiamento possibile’ è a tutti gli effetti un trend dirompente” afferma Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service. “Questo trend potrà incidere in modo significativo sulle modalità di fruizione delle tecnologie, condizionando fortemente le scelte strategiche e di investimento delle imprese. La portata di questo cambiamento va ben al di là degli aspetti informatici: insieme a Mobile, Social e Big Data, il Cloud può abilitare una vera e propria rivoluzione organizzativa, capace di cambiare il modo di diffondere le informazioni, prendere decisioni e collaborare all’interno e all’esterno dell’organizzazione, ridando slancio e produttività alle imprese del nostro Paese”

Per alcuni anni, il Cloud, inteso soprattutto come Public Cloud, è stato visto con diffidenza da molte aziende, alla stregua di una moda passeggera: oggi l’analisi dei dati raccolti vede la spesa in servizi Public Cloud aumentare del 40% rispetto all’anno scorso, raggiungendo quota 320 milioni di euro. Le tradizionali critiche e barriere sono oggi in gran parte risolte, anche se permangono cautele in alcuni settori. Molti degli elementi che prima venivano visti come un freno oggi sono considerati come ottime opportunità: infrastrutture latenti, vincoli e oneri normativi, perdita di controllo, scarsa personalizzazione, ampiezza funzionale, sicurezza e performance. Accanto a queste nuove spinte, si fanno sempre più evidenti i tradizionali benefici del Cloud, in particolar modo la semplificazione per la Direzione Ict e la possibilità di portare innovazione al business in tempi molto rapidi.

Il passaggio a un modello Cloud rappresenta spesso un aumento del valore apportato ai processi aziendali, che vengono arricchiti con nuove funzionalità e servizi (31%), mentre nel restante 63% dei casi ci si ritrova in uno scenario guidato dalla sostituzione tecnologica e solo nel 6% dei casi si assiste a una limitazione del supporto ai processi. Dalla Ricerca emerge, inoltre, che un numero sempre maggiore di applicazioni, anche vicine al core business aziendale, si spostano dal tradizionale approccio on premise al Cloud.

Sebbene ancora prevalga l’approccio interno, tra gli ambiti applicativi dove già oggi è stato abbracciato un modello Cloud vi sono: Social & Web Analytics (32%), Human Resources (26%), Posta elettronica & Office Automation (23%), Enterprise Social Collaboration/Intranet (15%), Document Management (13%), ma anche eCommerce (15%), Soluzioni verticali per il business (11%) e CRM & Sales (8%).

Se si considerano i piani a breve termine riguardanti l’evoluzione del patrimonio applicativo delle aziende e qualora sia previsto un cambio di modello di fruizione, le organizzazioni preferiscono una transizione verso un modello Cloud (96% dei casi), rispetto all’internalizzazione.

Inoltre, nei casi di nuova informatizzazione, ovvero tutti i casi in cui, in precedenza, non era presente un supporto applicativo, l’approccio Cloud viene preferito nel 54% dei casi.

L’adozione in Italia di servizi Public Cloud ha avuto nell’ultimo anno una forte accelerazione, sebbene con velocità diverse a seconda degli ambiti applicativi. Tra gli ambiti che hanno ricevuto i maggiori finanziamenti il Document Management, Finance & Accounting e CRM & Sales. Dalla Ricerca emerge che tra gli ambiti più dinamici vi sono anche l’Enterprise Social Collaboration, la Business Intelligence, il Marketing Demand Generation, il Social & Web Analytics e le Soluzioni verticali per specifici ambiti di business.

Stefano Mainetti, responsabile scientifico dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service, evidenzia il fatto che “per la maggior parte dei Cio non vi sono più dubbi nella scelta tra adottare o meno soluzioni di Public Cloud; il dubbio principale riguarda il come adottarle, con quali modalità e con quale percorso.” La ricerca evidenzia che i fronti di ragionamento sono due: da un lato, capire come comporre il proprio Sistema Informativo, complementando e integrando parti on premise con parti Cloud e dall’altro comprendere come dovranno evolvere le competenze interne alla Direzione ICT e le modalità con cui quest’ultima deve rapportarsi e interagire con le Line of Business. “Per arrivare alla costruzione di un Sistema Informativo Ibrido – continua Mainetti – è necessario avviare un percorso interno di evoluzione della propria architettura su tre fronti, quello infrastrutturale, quello relativo all’architettura applicativa e quello riguardante la gestione dei device, secondo un modello composto da diverse fasi che chiamiamo Cloud Journey.”

La Cloud Enabling Infrastructure vede come punti chiave: la realizzazione di Software Defined Data Center; la standardizzazione delle modalità di integrazione e orchestrazione applicativa; e l’introduzione di sistemi di Mobile Device Management.

Accanto al processo di trasformazione che sta coinvolgendo le aziende che adottano il paradigma Cloud, anche “la tradizionale struttura di filiera del mercato Ict è messa in profonda discussione dall’avvento del Public Cloud e si sta ridisegnando in cerca di nuovi ruoli e nuove forme di differenziazione” afferma Alessandro Piva, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service. La Ricerca ha permesso di identificare i tre ruoli principali giocati dai player dell’offerta che in’ipotetica catena del valore del Cloud agiscono sinergicamente: ICT Enabler, Service Provider e Cloud Channel. Piva sottolinea che “oggi, nella fase storica che sta attraversando il Cloud, diventa chiave il ruolo del Cloud Channel e, accanto ai cambiamenti che stanno coinvolgendo i player tradizionali, emergono nuovi ruoli, come quello del Cloud Service Broker”.

I contratti: un limite allo sviluppo dei servizi Cloud?

La filiera del Cloud è in profondo cambiamento per questo è importante che la relazione cliente-fornitore venga facilitata da condizioni contrattuali chiare e trasparenti. Dalla ricerca emerge invece che i contenuti contrattuali sembrano non influenzare la scelta di acquisire o meno un servizio Cloud.

Sebbene il 51% dei rispondenti alla survey non abbia riscontrato infatti alcuna criticità, il 44% del campione dichiara di non averle analizzate prima di implementare la nuova tecnologia. L’analisi sulla complessità dei contratti ha permesso di identificare che, mentre per il 61% del campione i contratti sono risultati essere molto chiari e trasparenti, il 39% dei rispondenti ha riscontrato una criticità nella lunghezza e complessità di tali contratti, che risultano quindi poco trasparenti e di difficile comprensione e consultazione. Questi risultati evidenziano come vi sia un alto numero di PMI che non pone grande importanza alle clausole contrattuali nella fase di scelta e stipula di un contratto Cloud. In particolare, la clausola contrattuale che è stata percepita come maggiormente unfair è risultata essere la limitazione di responsabilità del fornitore in caso di perdita di dati (37%), seguita dal diritto da parte del fornitore alla sospensione del servizio (29%) e dall’assenza di obblighi in merito ai tempi di intervento in caso di problematiche (22%).

Accanto all’analisi sulle Pmi, la ricerca ha indagato il rapporto cliente-fornitore tramite un’analisi che ha preso in considerazione 60 servizi Public Cloud, approfondendo i contenuti presenti sui siti dei provider di servizi Cloud e in particolare analizzandone la reperibilità.

Dall’indagine emerge che, mentre alcune informazioni come i dettagli sul fornitore, l’utilizzo di subfornitori, il trattamento e la riservatezza dei dati personali, le norme circa l’esclusione e la limitazione di responsabilità del fornitore (98% dei casi) sono sempre presenti, vi sono aspetti poco reperibili come quelli relativi alla localizzazione geografica dei Data Center (32%), ai livelli di servizio (SLA) e all’entità delle penali in caso di disservizio (44%).

L’edizione 2014 dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service è realizzata con il supporto di Accenture, Alcatel-Lucent Enterprise, AlmavivA, Capgemini, Clouditalia Telecomunicazioni, Dedagroup, Dimension Data, HP, IBM, Microsoft, NetApp, Nuage Networks, Passepartout, Gruppo Poste Italiane, Seeweb, Telecom Italia, VMware; Altea, Cisco, Fastweb, Retelit; Infor.

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