È andato ad Antonio Fabrizi, “padre” del lanciatore Vega, il premio Space Economy promosso da Asas in collaborazione col Corriere delle Comunicazioni ed Air Presse. Un riconoscimento alla s lunga attività di Fabrizi nel settore dello Spazio di cui è stato per molti anni uno dei principali protagonisti, non solo a livello italiano.
La consegna è avvenuta questa mattina nel corso di un convegno che ha visto la partecipazione del nuovo presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana Roberto Battiston, Roberto Cantone, capo dell’unità per la cooperazione scientifica e tecnologica della direzione Sistema Paese del ministero degli Esteri, Maurizio Fargnoli, presidente Asas, parlamentari assieme a protagonisti dell’industria aerospaziale italiana.
L’incontro ha offerto a Battiston l’occasione per delineare la “filosofia” che lo guiderà nella direzione di un’Asi che esce dalle tormentate vicende della gestione Saggese, ma che si trova anche a fare i conti con risorse sempre più ridotte. “Il quadro europeo sta cambiando”, ha ammonito Battiston. Il vecchio scenario prevedeva un ruolo chiave dell’Agenzia Spaziale Europea la cui mission era anche di distribuire fra i vari Paesi i progetti industriali proporzionalmente quanto ciascuno di essi contribuiva al bilancio generale.
Oggi, però, il principio del “giusto ritorno geografico”, per cui a un tot di contribuzione corrisponde un quot di ritorni nazionali in contratti, è fortemente contestato dalla Commissione Europea. Per Bruxelles deve valere il principio del “best value for money”, i contratti vanno a chi dimostra di sapere ottenere il massimo risultato dal finanziamento pubblico.
Risultati, efficienza, competitività di mercato sono dunque un elemento fondamentale nella gara per la distribuzione dei fondi. Non solo quelli di Asi o Esa, ma anche di quelli di programmi come Horizon 2020.
La gara è aperta e può avere dei risvolti imprevedibili, come dimostra del resto il colpo di scena dell’annunciata joint venture tra Safran e Airbus per unificare le loro attività nel settore dei lanciatori. Un progetto che di fatto capovolge l’impostazione industriale su cui aveva lavorato l’ESA ed apre nuovi interrogativi sullo stesso futuro di Avio.
“Non è detto che il progetto Safran-Airbus vada in porto – ha detto Battiston – anche perché non è senza i punti di debolezza che stanno già emergendo. I giochi sono ancora aperti”. La mossa dei due gruppi dell’aerospazio d’oltralpe rappresenta tuttavia un significativo esempio di come lo scenario del mondo spaziale europeo sia rapidamente in movimento.
In questo quadro l’Italia “deve fare sistema. Abbiamo eccellenze individuali, ma dobbiamo imparare a muoversi tutti nella stessa direzione, senza disperdere risorse”, ha sostenuto Battiston.
L’Italia “deve riuscire ad incidere come Paese nelle decisioni che vengono prese a livello internazionale ed europeo, altrimenti il settore dello spazio rischia il ridimensionamento. Dobbiamo mettere in campo capacità tecnica, coerenza di sistema, politica”.
Il semestre di presidenza italiano dell’Ue è un’occasione da cogliere per rafforzare la presenza del nostro Paese nei tavoli europei, anche in vista della “ministeriale” del prossimo autunno e delle decisioni sul finanziamento di progetti su cui l’Italia ha molto da dire come l’osservazione della terra e le telecomunicazioni: “Dobbiamo essere presenti al momento giusto, con idee giuste e in modo competitivo.”
A livello governo sembra intanto emergere per la prima volta la consapevolezza che lo Spazio non può essere lasciato alla competenza del solo Miur, col eventuale contorno di altri ministeri a spizzichi e bocconi. È un “tema-Paese” che deve trovare impulso e coordinamento a livello di presidenza del Consiglio. Già in queste ultime settimane si sono cominciate a vedere prove di coordinamento attorno a Palazzo Chigi. Che sia la volta buona?