Il settore della pubblica amministrazione resta una delle chiavi per avere un verso sviluppo digitale in Italia, tale da portare un sempre maggior numero di persone a usare internet e, finalmente, c’è un esecutivo che ha, a partire dal premier Matteo Renzi, la volontà di portare fino in fondo le scelte necessarie. La convinzione è riemersa in occasione di ItaliUp, che Ericsson ha organizzato a Venezia, mettendo a confronto, in una tavola rotonda, imprese, politica, governo e AgCom: a guidare l’incontro, visto il peso, lo stesso presidente del gruppo, Cesare Avenia.
“Già nel 1981 il Cnel diceva che per rinnovare la Pa era necessario usare una corretta informatizzazione e quindi rinnovarla e cambiarla contemporaneamente – ha chiosato Paolo Coppola, il deputato Pd che il ministro Marianna Madia ha scelto come consulente per l’Agenda digitale – Il problema, ora, non è la mancanza di leggi o provvedimenti, ma che la normativa non è stata applicata perché è mancata la determinazione a far sì che, ad esempio, si andasse veramente nella direzione di un rapporto esclusivamente telematico fra imprese e pubblica amministrazione, che per legge è già previsto”. “Ora – ha continuato tuttavia Coppola – c’è tutta la determinazione per cambiare verso”.
Della stessa idea anche il suo compagno di partito Paolo Gentiloni, ex ministro delle Comunicazioni, che per Coppola avrebbe preferito “un ruolo direttamente a palazzo Chigi”. “Riformare la Pa è una delle cose principali da fare, in termini di offerte e servizi, ma farlo richiede una guerra micidiale, perché è uno dei problemi più complicati”, ha sottolineato. Secondo Gentiloni, tuttavia, esiste “una selvaggia determinazione politica al livello più alto del governo per affrontare questo problema”. Un problema, dunque, che non è solo di infrastrutture, ma anche di offerta.
“Noi oggi abbiamo autostrade digitali enormi – ha ricordato Maurizio Gasparri di Forza Italia, anch’egli un passato alla guida del ministero delle Telecomunicazioni – Ora dobbiamo portarci i viaggiatori, e per questo serve una semplificazione della catena di comando, che con Governo, autorità per le Comunicazioni, Mr Digitale è troppo lunga. Bisogna rafforzare all’interno dell’esecutivo un punto che stimoli il resto”, ha concluso, indicando un male nella “deresponsabilizzazione della politica” un vulnus degli ultimi anni.
Al tavolo c’è anche chi ha portato esempi di cose pratiche che sono già state fatte, nel generale così come specificatamente nel digitale. Per l’occupazione, ad esempio, ha rivendicato il sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba, con Garanzia Giovani, che finalmente “si è messo in moto”,sono già state raccolte “3.300 offerte da parte delle aziende a cui si e’ arrivati questa settimana” dopo una partenza lenta. C’è chi intanto, come Invitalia, sta lavorando sul lato delle startup in maniera innovativa. A raccontare come è stato lo stesso ad, Domenico Arcuri, che ha parlato dell’iniziativa ‘Smart Start’, volta a finanziare imprese embrionali nei settori del cloud, dell’eCommerce e della valorizzazione dei risultati della ricerca. “Il primo giorno ci aspettavamo 2mila accessi, ne abbiamo avuti 14mila e in 6 mesi abbiamo ricevuto 1400 ipotesi di startup per le sole 6 regioni del Sud e della zona dell’Aquila. Abbiamo speso 1/4 dei denari che abbiamo, il governo Renzi ci chiede di estendere il nostro impegno e noi accettiamo volentieri”, ha aggiunto.
Dal commissario dell’AgCom Antonio Preto è invece arrivato una sottolineatura sul ruolo dell’Autorità, che “è un fattore di competitività del sistema” e la rivendicazione di un ruolo, con l’aspirazione ad essere “quel fattore che crea le condizioni affinché ci sia l’innovazione che consente la crescita, sviluppando la concorrenza, anche sulle nuove reti”. Infine, dal past president di Confindustria Digitale, Stefano Parisi, sono arrivati un allarme e un ammonimento. “Nel 2013 e nel 2014, nonostante i nostri sforzi, abbiamo perso terreno rispetto agli altri paesi europei per quanto riguarda le startup, perché gli altri vanno più veloce. L’arretratezza di metà Italia – ha aggiunto – deriva da molti fattori, di cui il più importante è l’arretrattezza delle Pa”. Per superarla, però, non servono nuove leggi, ma una “volontà politica”, che porti a definire, ad esempio, “standard di interoperabilità obbligatori per tutte le amministrazioni” o una “procedura d’acquisti comune”. “Non dovete fare più leggi, ma servono manager che organizzino la Pa secondo le leggi che ci sono, che realizzino le cose che devono essere fatte dal punto di vista organizzativo”.