La tanto evocata digitalizzazione della PA può prendere due strade: quella dello snellimento burocratico e quella – semplificatrice solo di facciata – che trasferisce milioni di fogli di carta dentro i pc, ma solo per farli comparire sullo schermo come foto. Le parole sono quelle scritte da Francesco Caio, Ad di Poste Italiane ed ex commissario per l’Agenda digitale, nel suo libro “Lo Stato del digitale”, edito da Marsilio.
Secondo Caio sul fronte della digitalizzazione in Italia, in alcuni casi, sono stati raggiunte punte di eccellenza, come nel caso del registro imprese che è totalmente digitale. “L’immagine che ho tratto – spiega il manager nel volume, riferendosi al suo lavoro di commissario durato dieci mesi – è quella di tanti cantieri con tanti bravi ( e brave) ingegneri ma senza un architetto (lo Stato)”.
E l’Europa? Per Caio a mancare è uno standard unico o meglio “una serie di standard che possano rendere compatibili francesi, italiani, tedeschi, spagnoli e inglesi nel dialogo tra le macchine”. Il semestre Ue di presidenza italiana può essere l’occasione per avviare questo cammino di ripensamento dell’architettura istituzionale europea in chiave digitale” per rendere la burocrazia più veloce e l’Europa più vicina.
Sulla necessità che lo Stato torni protagonista nell’attuazione dell’Agenda digitale, Caio aveva parlato anche in un’intervista rilasciata al Corriere delle Comunicazioni nei mesi scorsi. “l’Agenda non è una sommatoria di progetti ma una riforma strutturale dello Stato – spiegava – I tecnici possono contribuire a impostare e attuare specifiche iniziative, ma devono essere i politici a guidare l’Agenda digitale. Gli obiettivi sono sì di ridurre i costi della macchina amministrativa ma soprattutto di aumentare la competitività del Paese. È importante che ci sia un forte supporto politico a partire dal Presidente del Consiglio”.