RETI

Vatalaro: “Fibra, paradosso regolatorio: investimenti a rischio triplicazione”

Il professore di Tlc all’Università di Roma Tor Vergata: “Le norme attuali non promuovono uno sviluppo armonico del mercato. E sono destinate a lasciare l’Italia in ritardo rispetto ai Paesi europei con cui usiamo confrontarci”

Pubblicato il 04 Lug 2014

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“Purtroppo dobbiamo notare che dal punto di vista delle regole l’Italia continua a fare eccezione in Europa. Vi dico solo che a Milano due operatori, Telecom Italia e Metroweb, stanno installando la fibra negli stessi palazzi. In una ventina di città si stanno già sviluppando due reti in fibra fino ai cabinet, mentre ancora la maggior parte della popolazione non ha nessuna rete fissa ultrabroadband. Un paradosso… “. Secondo Francesco Vatalaro, docente all’Università di Roma Tor Vergata, “la situazione è molto preoccupante. Purtroppo le regole prodotte – non solo da questo consiglio ma anche dal precedente – ottengono risultati che non promuovono uno sviluppo armonico del mercato e sono destinate a lasciare l’Italia in ritardo rispetto ai paesi europei con cui usiamo confrontarci”.

Professore, che c’entrano le regole con la ridondanza delle reti?

Le regole italiane sono sbagliate. Lo spiego con un esempio calcistico, adatto ai tempi. Se la porta è più piccola del pallone, non si farà mai goal. Nella maggior parte dei Paesi europei le regole sono tali da favorire la presenza di una sola rete in fibra per palazzo. In Italia, invece, questo aspetto è stato accennato nella normativa, e non è stata esercitata la necessaria “moral suasion”.

E per le reti con fibra ai cabinet?

La situazione è ancora peggiore. Le regole finiscono per creare duplicazioni e quindi diseconomie.

Ci sono regole però di condivisione dei cabinet…

Appunto. L’obbligo di accesso ai cabinet di Telecom, il cosiddetto “sub loop unbundling”, in alcuni paesi europei è stato del tutto rimosso perché sfavorisce il “vectoring” e quindi non consente di superare la velocità di 30 Mbit/s. La soluzione di avere tre operatori che predispongono in parallelo le infrastrutture per realizzare l’FTTCab non è stata adottata da nessuno. Infatti, le Autorità locali hanno impedito che ciò avvenisse e anche la Commissione europea ha convenuto sull’opportunità di non perseguirla. Le soluzioni che oggi sono adottate sono il coinvestimento sulla rete primaria (ad esempio in Francia) o l’accesso virtuale alla centrale – il cosiddetto Vula (UK, Austria, Olanda, Belgio e Germania). Invece ora la situazione in Italia è questa: Telecom Italia mette un Dslam su un cabinet. Fastweb fa la stessa cosa e anche Vodafone si appresta a fare lo stesso. Nella stessa area avremo tre cabinet che hanno una potenzialità di servire 600 famiglie in un’area con 200 – 250 famiglie in media. Si fa tre volte l’investimento necessario.

Conseguenze?

La concentrazione degli investimenti nelle stesse aree lascerà molte zone in divario ultrabroadband. Peraltro, secondo i dati della Commissione europea, siamo ultimi in Europa per sviluppo delle reti ultrabroadband, quindi perché continuare con modelli disottimizzati? Siamo ormai alle spalle della Grecia. Così perdiamo anche il classico alibi: quello secondo cui siamo in ritardo solo per assenza della competizione tra doppino di rame e reti via cavo. Queste mancano anche in Grecia, infatti. E certo non si può dire che sia un Paese meno in crisi economica di noi.

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