Lavoratori IT, in Italia sono frustrati

Secondo il Global Workforce Index di Kelly Services su 4mila italiani addetti del settore solo il 20% si sente valorizzato. Ma il 39% afferma di sentirsi comunque legato all’azienda

Pubblicato il 28 Lug 2014

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I dipendenti italiani dell’information technology vivono un paradosso che li rende unici a livello internazionale: sono tra i più frustrati in ufficio, tanto che soltanto il 20% di loro si sente adeguatamente valorizzato per le proprie capacità, ma sono anche tra i più “fedeli”, tra quelli cioè che si sentono più legati all’azienda per la quale lavorano. E’ la tendenza che emerge da uno studio recente di Kelly Services, il Global Workforce Index (Kgwi), indagine annuale sulle opinioni in materia di lavoro e luogo di lavoro, che raccoglie le risposte di più di 230.000 persone di 31 Paesi, di cui circa 4.000 in Italia e mostra gli effetti dei diversi fattori che impattano sul mondo del lavoro attuale, tra cui le differenze geografiche e la responsabilizzazione dei dipendenti, con un particolare focus sui tre gruppi generazionali principali: Y (19–30 anni), X (31–48 anni) e Baby Boomer (49–66 anni).

Secondo la ricerca, a livello mondo il 42% dei dipendenti del settore IT si sente valorizzato sul lavoro, ma con una percentuale decisamente più alta nell’Apac (50%), rispetto ad Emea (37%). In Italia si registra la percentuale più bassa di tutto il campione: solo il 20% degli intervistati infatti si dichiara “valorizzato” e “molto valorizzato”.

Ma come si riflette questa percezione sul livello di engagement del dipendente? Globalmente, meno di un terzo (32%) degli occupati del settore si dichiara “totalmente legato” al proprio datore di lavoro attuale.

“Il livello di engagement nell’Apac (30%) è leggermente più alto rispetto a Emea (27%) – spiegano da Kelly – Analizzando i diversi Paesi in Emea ed Apac, i livelli di engagement più alti si registrano in Norvegia (52%), India (43%), Italia, a sorpresa, ed Indonesia (entrambe al 39%), seguite dalla Russia (37%). I più bassi, invece, in Ungheria (12%) e Singapore (20%)”.

Dall’indagine inoltre emerge che i social media sono diventati uno strumento importante e irrinunciabile per i dipendenti IT, quando si tratta di prendere decisioni importanti che riguardano la carriera. Circa un terzo (35%) degli intervistati di tutto il mondo si affida ai social media per prendere decisioni che riguardano lavoro e carriera. L’ Apac è ben al di sopra della media mondiale, col 56%, mentre Emea è leggermente al di sotto, al 32%. Gli utenti più accaniti dei social media per prendere decisioni che riguardano lavoro e carriera si trovano in Cina (69%), India (64%), Malesia (56%), Indonesia (54%) e Singapore (52%). In Emea, invece, il maggior numero di utenti si trova in Polonia (49%), Ungheria e Svizzera (entrambe al 41%). L’Italia, insieme alla Germania, è allineata con la media globale.

“La diffusione dei social media si riflette anche nel recruitment. Globalmente – spiegano da Kelly – più di un terzo dei dipendenti IT (40%) si dichiara oggi più incline a cercare lavoro tramite i social media piuttosto che attraverso strumenti tradizionali come le inserzioni su stampa, i siti specializzati o le società di selezione. L’Apac (54%) è ben al di sopra della media mondiale per quanto riguarda l’utilizzo dei social media per la ricerca di lavoro. Supera nettamente anche Emea (40%). L’Italia, insieme alla maggior parte dei Paesi Europei, si colloca ben al di sotto della media mondiale ed Emea. In alcune delle economie in rapida espansione dell’Apac, i social media rivestono un ruolo fondamentale, in particolare in Indonesia (64%), Malesia (61%), India (60%) e Singapore (59%)”.

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