L’approdo in borsa di Rai Way con la cessione sul mercato di un pacchetto compreso tra il 40 e il 49% dell’azienda è ormai alla stretta finale. L’obiettivo della Rai è quello di arrivare alla quotazione a piazza Affari della società che gestisce gli impianti di trasmissione entro la fine dell’anno, anche se rimane da superare lo scoglio dell’eccessiva dipendenza della controllante. Un problema che da viale Mazzini potrebbe essere risolto in due modi: recidendo il legame con la capogruppo, oppure dimostrando l’autonomia finanziaria e negoziale della società, separando ad esempio i servizi di tesoreria, sempre ammesso che Consob e Borsa italiana giudichino sufficiente la misura.
Ma sulle decisioni di viale Mazzini, che mettendo sul mercato una quota minoritaria di Rai Way conta di poter far fronte al taglio di 150 milioni di euro alla Tv di Stato deciso dal Governo con il decreto Irpef, i sindacati mantengono una posizione molto critica.
E’ il caso di Uilcom, che in un comunicato fa il punto della situazione e mette nero su bianco tutte le proprie perplessità: “Non è cedendo anche solo parte di un bene pubblico come gli impianti di trasmissione, da sempre di proprietà di Rai Way e della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, che si risolvono i problemi del sistema di telecomunicazioni del Paese – si legge nel documento – ancora meno quelli della capogruppo, per la quale occorre mettere in atto opportune sinergie che non necessariamente passano attraverso vendite o cessioni”.
“Lo Stato ha il dovere di guardare agli interessi della collettività sfruttando un patrimonio costituito con il contributo dei cittadini che hanno pagato e pagano il canone di abbonamento – sostengono dal Uilcom – evitando che altri soggetti raccolgano i frutti derivanti dall’uso di infrastrutture uniche per ubicazione, costruzione, dotazioni tecniche e di sicurezza”.
Così, tenendo presente i ritardi del Paese nella diffusione della banda larga, Uilcom propone che “Rai Way assuma il ruolo di gestore di rete a tutti gli effetti, e sia messa in grado di affrontare le sfide del mercato delle telecomunicazioni partecipando attivamente, sotto il controllo diretto dello Stato, allo sviluppo e diffusione della banda larga su tutto il territorio”.
“Non si può peraltro porre in secondo piano l’ormai imminente scadenza della concessione del servizio radiotelevisivo – conclude il documento del sindacato – che vedrebbe, in caso di cessione della proprietà anche solo parziale degli impianti, l’attuale concessionaria fortemente ridimensionata nel ruolo sino a oggi svolto che ha garantito la diffusione e trasporto del segnale radiotelevisivo su tutto il territorio nazionale e la conseguente fruizione di un servizio alla totalità dei cittadini di questo Paese”.