Negli ultimi anni si è registrato un vero e proprio boom delle piattaforme che offrono un servizio di musica in streaming, determinando una forte crescita del comparto – che ha un potenziale di sviluppo davvero significativo, vedi ad esempio alla Svezia, dove i servizi in streaming hanno surclassato in quanto a ricavi qualsiasi altra forma di fruizione – e un conseguente calo delle vendite di musica digitale (basta pensare alla riduzione che, nel 2013, quattordicesimo anno consecutivo di declino per l’industria discografica mondiale, ha fatto registrare il mercato americano dei download: si è passati da 1,34 miliardi a 1,26 miliardi di brani acquistati online e da 117,7 milioni a 117,6 milioni di album, un livello di flessione mai avvenuto dal 2003, da quando il lancio dell’iTunes music store determinò di fatto la nascita del settore).
Adesso la società Midia research pubblica un rapporto sulla valutazione, in termini di impatto, dell’effetto prodotto dallo streaming sul mercato musicale mondiale: in Inghilterra, Stati Uniti e Brasile il 30% degli appassionati usufruisce di questo servizio e un quinto di loro lo fa a pagamento. In proiezione, questa tipologia di offerta – congiuntamente agli abbonamenti che veicola – aumenterà del 238% rispetto al 2013, raggiungendo un fatturato di 8 milioni di dollari nel 2019; secondo la ricerca il download legale della musica digitale registrerà una flessione del 39%, “lasciando” il servizio streaming e i suoi abbonamenti a rappresentare il 70% delle entrate digitali complessive. Abbonamenti che, almeno sulla carta, sono destinati ad aumentare sensibilmente: ad oggi, infatti, solo il 15% degli appassionati ha sottoscritto un contratto e il 22% afferma di essere disposto a pagare 9,99 dollari per l’abbonamento mensile. Di conseguenza il mercato dello streaming musicale solletica sempre di più l’interesse delle grandi aziende.
È storia recente l’acquisizione per 3 miliardi di dollari di Beats electronics – che produce alcuni modelli di cuffie molto popolari e ha lanciato un servizio di musica in streaming a pagamento – da parte di Apple, un’operazione che a detta dell’analista di Midia research, Mark Mulligan “è stata una vera e propria dichiarazione di intenti, da parte del colosso di Cupertino, per arrivare a ridefinire i contorni dell’intero settore”. Dunque la “guerra” dello streaming entra nel vivo. Ne sa qualcosa Google, che si accinge a lanciare un servizio di musica in abbonamento – che pescherebbe al vasto patrimonio di YouTube – per contrastare realtà come Spotify e Deezer, insieme alla già citata Beats. Con un abbonamento dal costo inferiore a 10 dollari al mese (dopo un periodo di prova di 30 giorni), il servizio YouTube Music Key permetterebbe all’utente di accedere a milioni di videoclip senza pubblicità su smartphone, pc e tablet, insieme alla possibilità di fruire di una serie di brani (live, cover, remix) non inclusi nella discografia ufficiale degli artisti.