E’ rimbalzata nei giorni scorsi in Rete – e fuori dalla Rete – la notizia della foto di Oliviero Toscani “presa in prestito”, senza permesso, da Fratelli d’Italia – il movimento politico che fa capo all’ex Ministro Giorgia Meloni – per comunicare un messaggio diametralmente opposto a quello per cui la foto era stata scattata.
Mentre Toscani ritraendo un bambino tra due coppie gay intendeva, sostanzialmente, dire che una famiglia resta una famiglia quale ne sia la composizione, Fratelli d’Italia – aggiungendovi un super che dice “un bambino non è un capriccio” – ne ha fatto l’icona di un messaggio contro le adozioni da parte della coppie gay.
Alle rimostranze, via Twitter, del creativo per il “furto” subito e per la violazione del propri diritti d’autore, Fratelli d’Italia ha immediatamente risposto scusandosi e parlando di un “errore” dovuto al fatto che gli autori del manifesto non avevano capito che la foto, trovata in Rete, fosse protetta da diritto d’autore.
Nessun intento parodistico, dunque, da parte di Fratelli d’Italia che sembrerebbe aver peccato – seppure in modo difficilmente scusabile – di ignoranza ed essere finita in uno dei più insidiosi tranelli della Rete: quello di credere che tutto quello che galleggia online è, salvo eccezioni, liberamente riutilizzabile mentre, naturalmente, è vero l’esatto opposto ovvero che nulla di ciò che è pubblicato online è riutilizzabile salvo eccezioni.
Ma uno scherzo del destino ha fatto sì che proprio nelle stesse ore del confronto – nato via Twitter ma destinato a finire in Tribunale – tra Oliviero Toscani e Fratelli d’Italia, la Corte di Giustizia dell’Unione europea abbia chiarito un principio, né nuovo, né originale ma che sembra scritto apposta per chi, in futuro, volesse far propria, online come offline, l’opera altrui, piegandone parodisticamente il significato ed il messaggio a finalità diverse specie se discriminatorie o razziali.
All’origine della decisione di ieri della Corte di Giustizia l’iniziativa di un partito politico belga che aveva fatto propria un’immagine di copertina di un celebre fumetto, utilizzandola – a suo dire in modo parodistico – al fine di trasmettere un messaggio discriminatorio, ritraendo un sindaco nell’atto di fare l’elemosina ad una serie di immigrati con tratti tipici delle persone di colore e/o appartenenti a talune religioni.
La “parodia” del disegno non è piaciuta ai titolari dei diritti d’autore i quali, all’esito di una lunga battaglia giudiziaria, si sono ritrovati davanti alla Corte di Giustizia che, pur confermando che chiunque può realizzare una parodia partendo da un altrui opera dell’ingegno senza bisogno di autorizzazione e senza che l’opera derivata risponda a tropo rigidi requisiti di forma né si distanzi in modo rilevante – come avrebbero preteso i titolari dei diritti – dall’opera originaria ha, però, chiarito che nel fare parodia delle altrui opere non le si può piegare a veicolare messaggi di portata discriminatoria o razziale senza rischiare di violare il diritto morale dell’autore dell’opera.
Se – ma così non sembrerebbe essere andata – Fratelli d’Italia avesse dunque voluto fare una parodia della foto di Toscani, si sarebbe comunque trattato di una parodia illecita perché inequivocabilmente idonea a ledere il diritto morale dell’autore dell’immagine originaria.
Ai tempi del riuso e della condivisione creativa di tonnellate di altrui contenuti digitali, vale la pena fare tesoro dell’errore di Fratelli d’Italia e della decisione di ieri della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Guai a rinunciare alla parodia, ma facciamolo con giudizio.