Serve più trasparenza sull’uso dei dati che le app mediche raccolgono dai loro utenti. A sancirlo è il Garante per la privacy, a conclusione dell’indagine avviata a maggio per verificare il rispetto della normativa italiana sulla protezione dei dati per le applicazioni che utilizzano dati sanitari. I risultati “mostrano come anche nel nostro Paese gli utenti non siano adeguatamente tutelati e troppe volte non siano messi in grado di esprimere un consenso libero e informato – spiegano dall’Authority in una nota – Quello delle app mediche è un settore in crescente sviluppo che presenta profili molto delicati per la privacy delle persone”.
L’indagine del Garante si inserisce nel “Privacy Sweep 2014“, l’indagine a tappeto promossa dal Global Privacy Enforcement Network (Gpen), la rete internazionale nata per rafforzare la cooperazione tra le Autorità della privacy di tutto il mondo e di cui il Garante italiano fa parte. “La scelta tutta italiana di analizzare app del settore medico o di wellness – spiegano dall’Authority guidata da Antonello Soro – è in linea con le preoccupazioni manifestate dall’Europa su questo tema. La Commissione Europea ha di recente avviato una consultazione sulla Mobile Health e ha pubblicato il Libro Verde sulle applicazioni sanitarie mobili (Green Paper on Mobile Health)”.
Nel dettaglio, una su due delle applicazioni mediche italiane e straniere analizzate dagli “sweepers” dell’Authority italiana, scelte a campione tra le più scaricate disponibili sulle varie piattaforme (Android, iOs, Windows, etc.), non fornisce agli utenti un’informativa sull’uso dei dati preventiva all’installazione, oppure dà informazioni generiche, o chiede dati eccessivi rispetto alle funzionalità offerte. In molti casi l’informativa privacy non viene adattata alle ridotte dimensioni del monitor, risultando così poco leggibile, o viene collocata in sezioni riguardanti, ad esempio, le caratteristiche tecniche dello smarphone o del tablet.
“A seguito dell’esito dell’indagine, il Garante sta valutando le azioni da intraprendere, anche al fine di possibili interventi prescrittivi o sanzionatori”, si legge nella nota.
“A livello internazionale – conclude il comunicato – l’iniziativa ha fatto crescere le preoccupazioni sulle app, che offrono funzionalità che vanno dai giochi al meteo, dalle news ai servizi bancari. I risultati dell’indagine hanno mostrato come vi sia una scarsa attenzione alla tutela degli utenti e la necessità che questi software, che raccolgono un’ingente mole di informazioni personali, rendano più trasparente e chiaro l’uso delle stesse. Su un totale di oltre 1.200 applicazioni esaminate, appena il 15% risulta dotato di un’informativa privacy realmente chiara. Nel 59% dei casi è stato difficile per le Autorità di protezione dati reperire un’informativa privacy prima dell’installazione”.