"Continuiamo a lavorare per massimizzare le sinergie con
Telecom Italia e siamo soddisfatti della partecipazione del 46% che
abbiamo in Telco". Con queste parole Cesar Alierta, presidente
di Telefonica, ha chiarito "una volta per tutte" la
posizione del gruppo spagnolo in merito alla possibile fusione con
l'operatore italiano. Telefonica non sembra dunque interessata
a cambiare gli attuali rapporti con TI. ''La partnership
industriale con Telecom è l'alternativa migliore per i nostri
azionisti', ha concluso Alierta, intervenendo alla conference
call di presentazione dei
dati finanziari della società relativi al 2009.
Intanto in Italia il dibattito sulle "nozze" continua a
tenere banco, anche alla luce della recente inchiesta sul
riciclaggio che vede coinvolta Telecom Italia Sparkle. La maxi
indagine della magistratura inciderà o no sulle decisioni di
Telefonica? E' questo l'interrogativo che occupa le pagine
dei nostro quotidiani.
Secondo quanto scrive oggi Massimo Giannini su Repubblica “lo
scandalo dei furbetti del telefonino, avrà effetti pesanti sul
sistema economico e sugli assetti di potere -. Il terremoto
giudiziario ha un epicentro visibile nelle telecomunicazioni, ma i
danni collaterali si abbatteranno sull´industria, la finanza, la
politica, incidendo su alcune partite strategiche nelle più
importanti aziende del Paese”.
L’effetto principale dell’operazione ribattezzata Telefoni
Puliti è che la fusione “finisce in frigorifero” con
conseguente sconfitta dell’asse Berlusconi-Letta-Geronzi che
quell’operazione l’hanno caldeggiata.
“Come sostiene un autorevole esponente dell´establishment del
Nord – prosegue Giannini – solo un illuso può pensare che
Telefonica faccia un´Ops su un gruppo oggetto di indagini così
pesanti, costretto addirittura a rinviare la presentazione del
bilancio”. Risultato? “Le telecomunicazioni italiane resteranno
ancora a lungo in un limbo indefinito, mentre i valori di Borsa
continuano a svaporare. L´effetto secondario dell´inchiesta
romana riguarda gli assetti futuri della Galassia del Nord e dei
suoi satelliti. Ed anche in questo caso a subire un contraccolpo è
di nuovo la filiera Berlusconi-Letta-Geronzi”. E per altri due
motivi.
“Il primo motivo riguarda l´organigramma di Piazzetta Cuccia. Lo
scandalo telefonico può diventare una pietra tombale definitiva
sulle ambizioni di Marco Tronchetti Provera – si legge -. Il
patron della Pirelli, anche se ha smentito l´ipotesi, era in corsa
per salire sul trono di Mediobanca, secondo i piani originari di
Geronzi, prossimo al trasloco alle Generali. Ma anche l´inchiesta
su Sparkle, che parte dal 2003 e si aggiunge a quella sullo
spionaggio fatta esplodere da Tavaroli e Cipriani, chiama in causa
proprio gli anni della gestione Tronchetti dentro Telecom”.
Quell´inciso dell´ordinanza del gip di Roma pesa come un macigno,
secondo Repubblica.
“C´è con evidenza solare il problema della responsabilità dei
dirigenti della capogruppo Telecom: c´è stata totale omissione di
controllo oppure piena consapevolezza”. A questo punto il
percorso che Geronzi aveva ideato per la sua successione non è
più percorribile. Secondo Giannini dovrà insistere su due
alternative: “ Lamberto Cardia o Vittorio Grilli. Con piena
soddisfazione di Alessandro Profumo, pronto a dare battaglia su
Mediobanca”.
Il secondo motivo riguarda di nuovo Telecom Italia. “Geronzi ha
ingaggiato da mesi un braccio di ferro sotterraneo con Bernabè –
sottolinea Repubblica -. Lo considera troppo ostinato nella
strategia dello ‘stand alone’ e troppo pignolo su certe
partecipazioni (proprio il caso Sparkle, che Bernabè aveva messo
tra le prossime dismissioni necessarie per il gruppo, è una di
queste). Ecco perché l´erede di Cuccia auspicava da tempo un
ribaltone ai vertici Telecom: via Bernabè, testardo nella difesa
della Telecom attuale, e al suo posto Stefano Parisi, pronto ad
aprire la porta agli spagnoli”.
Parisi è indagato per la stessa inchiesta e si dichiara “parte
lesa”. Ma “le sue aspirazioni, e quelle di chi lo sosteneva
nella sua corsa, risultano momentaneamente vanificate”. Con
parziale soddisfazione di Bernabè, che a questo punto può
riprendere fiato nella sua guerriglia interna all´azienda. E di
Corrado Passera, che in Telco è il più convinto sostenitore di un
“piano B” per Telecom, analogo a quello che Intesa costruì per
Alitalia.
“Ma fino a quando reggeranno, tra queste macerie, le
telecomunicazioni italiane? Aspettavamo da tanto tempo la
'banda larga'. Ma non era quella scoperta dalla Procura di
Roma", conclude Giannini.
A pensarla in maniera diametralmente opposta La Stampa. Nel suo
retroscena Francesco Manacorda scrive che il caso Sparkle
“aggiunge qualche incognita ai conti del gruppo e può
rappresentare un elemento frenante, ma in ogni caso la
prospettiva iberica (secondo fonti vicine al dossier) resta”.
Secondo il quotidiano stando agli umori dei soci Telco quella della
fusione sarebbe una scelta obbligata. “Obbligata per la mancanza
di alternative – si precisa -. Visto che pochissimi paiono
credere al successo di un piano stand alone che veda Telecom
procedere senza integrazioni né tantomeno soci finanziari”.
Inoltre i soci non avrebbero nessuna intenzione di mettere mano al
portafoglio per un aumento di capitale. “Tanto che alla fine
nell’orbita di Telefonica dovrebbe rientrare anche la rete
Telecom, il pezzo più pregiato della società”, precisa
Manacorda.
“Le prossime settimane saranno destinate alla quadratura di
questo difficile cerchio – conclude La Stampa -. Tenere la rete nel
perimetro di Telefonica, assicurando, magari attraverso una scatola
societaria distinta e un management autoctono – che almeno la
bandiera italiana continui a sventolare.