L’annuncio dell’ingresso di Google sul mercato della banda
larga (offrirà a un campione di 500mila americani un servizio
Internet superveloce) ha destato grande eccitazione fra consumatori
ed esperti del settore: con una connessione 100 volte più veloce
di oggi sarà più facile godersi i video e i giochi online,
scambiare foto e messaggi con gli amici e fruire di molti altri
servizi, anche contemporaneamente.
Ma sono più dubbiosi, talvolta preoccupati, gli operatori
tradizionali che finora hanno controllato l'ultimo miglio,
ovvero la connessione della rete alle case, dal colosso telecom
Verizon all’operatore del cavo Time Warner.
Come si legge sul CorrierEconomia, alcune aziende hanno cercato di
minimizzare la mossa di Google bollandola come un’operazione di
marketing; altre invece temono che il gigante della web search stia
sempre più cedendo alla tentazione monopolista di controllo della
blogosfera. Capire le vere intenzioni di Google non è facile, ma
quel che è sicuro è che gli investitori non si fidano:
SuperGoogle non convince Wall Street e le sue azioni sono calate
del 14% da inizio gennaio contro il 3-4% della media di Borsa.
“Google fa sul serio e questo è solo l’ultimo passo della sua
sfida agli Internet service provider tradizionali”, secondo il
consulente Bill Arnaud. “Lo studio appena pubblicato da Arbor
Networks sul traffico globale via Internet degli ultimi cinque anni
mostra come la maggioranza non passi più dalle infrastrutture
degli operatori tradizionali, ma avvenga direttamente fra i giganti
che gestiscono e distribuiscono i contenuti, come Google”. Arnaud
spiega al CorrierEconomia come gli ingenti investimenti di Google
nei suoi centri di elaborazione dati sparsi per il mondo e
collegati fra loro con le reti di dark fiber (cavi di fibre ottiche
sotterranei comprati a prezzi stracciati dalle telecom in crisi)
abbiano già creato negli ultimi anni un sistema alternativo
attraverso il quale Google si connette direttamente anche ai suoi
grandi clienti aziendali.
“Il prossimo passo è arrivare direttamente nelle case: mentre
Google lo fa nel test su 500mila famiglie, magari spera di trovare
una soluzione innovativa per allargare l’offerta a tutti”, dice
Arnaud. Google nega che il suo fine ultimo sia scavalcare gli Isp:
“Non vogliamo costruire un network nazionale. I consumatori oggi
hanno di fronte un duopolio della banda larga e il nostro
esperimento non cambierà questa situazione”.
Ma, appunto, “Google è stanca del duopolio di telecom e
operatori via cavo che offrono al massimo 10-25 megabit di
velocità Internet e con il suo esperimento a 1.000 megabit nelle
case vuole alzare lo standard, mostrando quanti più contenuti
potrebbero essere goduti dai consumatori”, osserva Mark Horinko,
presidente di N4group. Google in particolare ha voluto mandare un
messaggio alla Fcc in vista della pubblicazione del piano nazionale
per migliorare le diffusione della banda larga.
“Se volesse, Google avrebbe i soldi (25 miliardi di dollari
liquidi) e le competenze per farsi il suo network a banda larga”,
dice Alessandro Piol, venture capitalist esperto di telecom. “Ma
credo che per ora il suo obiettivo sia garantirsi la neutralità di
Internet, cioè impedire che i provider facciano pagare di più chi
usa una fetta maggiore di banda”.
Secondo N4group, l’esperimento potrebbe costare a Google fino a 2
miliardi di dollari, una cifra sufficiente a rendere nervosi gli
investitori, già preoccupati per il conflitto con il governo
cinese e per i nuovi fronti aperti da BigG, come la vendita diretta
del proprio telefonino Nexus One o il varo del nuovo servizio di
networking sociale Buzz. C’è chi teme che Google perda la
concentrazione sul business che l’ha resa grande e profittevole,
la pubblicità. Di qui la “bocciatura” di Wall Street.