“Dopo avere verificato l’utilità delle stampanti 3D abbiamo compreso che si aprivano grandi possibilità per la prototipazione”. Parole di Jeffrey Weisman, tra i membri del team di dottorandi e di ricercatori della Louisiana tech university che ha sviluppato un sistema innovativo per la realizzazione, attraverso stampanti 3D, di pastiglie con composti antibatterici e chemioterapici per la somministrazione di farmaci mirati.
Un metodo decisamente all’avanguardia, dunque, che apre grandi opportunità per la realizzazione di farmaci e protesi anche perché, come comunicano dal gruppo di lavoro, “uno dei grandi vantaggi di questa tecnologia è che può essere utilizzata con qualsiasi stampante consumer e in qualsiasi luogo”.
Dagli Stati Uniti alla Cina il passo è breve, basta pensare che presso la clinica ortopedica dell’ospedale numero 3 dell’università di Pechino, un team di medici guidati dal dottor Liu Zhongjun ha effettuato un’operazione avveniristica – l’intervento è durato cinque ore – su un dodicenne che, in seguito ad un infortunio sportivo, aveva scoperto di avere un cancro alla seconda vertebra cervicale ed era impossibilitato a muoversi. Con i metodi tradizionali chirurgici, i medici avrebbero asportato la vertebra malata (che in principio sarebbe stata individuata casualmente, in seguito a un’indagine radiologica disposta come accertamento post trauma) ed inserito uno spessore tra le vertebre sane, provocando però serie ripercussioni sulla funzionalità residua, dunque sulla vita del giovane. Da qui la decisione di operare al collo sostituendo la vertebra malata con una realizzata tramite tecnologie tridimensionali; al momento il ragazzo ha ancora qualche problema, ma secondo i sanitari dovrebbe riprendere quanto prima gran parte delle normali funzioni.
Ad ogni modo le stampanti 3D sono state di supporto per la chirurgia anche in Europa, per la precisione in Olanda, dove un’equipe del medical center Utrecht ha impiantato un nuovo cranio a una ragazza di 22 anni, affetta da un grave disturbo celebrale ed in serio pericolo di vita, proprio grazie a questa tecnologia. Nell’ambito dell’intervento, durato ben 23 ore, i medici sono ricorsi a una stampante 3D per costruire una protesi di plastica in sostituzione dell’osso. “Di prassi gli impianti vengono realizzati manualmente impiegando una sorta di cemento, il che non è proprio l’ideale. L’utilizzo di questo dispositivo ci ha consentito di modellare l’esatta dimensione, determinando una serie di vantaggi funzionali ed estetici”, è stato il commento del dottor Ben Verweij, alla guida dell’equipe medica olandese.