Testa bassa e lavorare per portare a termine quanto messo sulla carta finora. Alessandra Poggiani, nuovo direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale, racconta al Corriere delle Comunicazioni la azioni che intende avviare nei prossimi mesi.
Il governo italiano sta spingendo su tre progetti – identità digitale, anagrafe unica, fatturazione – ma possono davvero bastare per ridare slancio all’Italia digitale?
Partiamo dalla premessa che i ritardi dell’Italia digitale sono tanti e trasversali in tutti i settori. Sono convinta che uno dei grandi mali del passato siano state le grandi “incompiute”. Per segnare il cambiamento di passo, bisogna portare le cose fino in fondo e realizzarle. I tre progetti strategici avviati dall’ex Commissario Caio devono essere scaricati a terra e realizzati. Su questo ci giochiamo la nostra credibilità nel portare avanti l’idea di un’Italia digitale e quindi proiettata nel futuro. La fatturazione elettronica è già partita ed è una realtà per milioni di imprese. Dal 6 giugno scorso, Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale ricevono le fatture in formato elettronico. Ora è il turno di tutte le amministrazioni locali. L’Identità Digitale è uno dei mattoncini fondamentali che permetterà di semplificare il rapporto cittadini e Pubblica Amministrazione e di ampliare il numero di servizi accessibili online. L’Anagrafe Unica è l’infrastruttura centrale che si farà carico dalla fine del 2015 di accogliere i dati a oggi residenti sulle 8100 anagrafi comunali e costituirà un punto unico di riferimento, sempre aggiornato, per le informazioni anagrafiche e di residenza per i cittadini italiani residenti in Italia e all’estero. Sono progetti molto ambiziosi, che hanno bisogno di una vasta e proficua collaborazione tra enti e amministrazioni per arrivare all’obiettivo finale. Sono progetti e processi molto complessi sui quali dobbiamo spingere l’acceleratore.
Dunque bastano, a suo avviso.
Questi progetti vanno inseriti in una strategia più ampia che dia risposte ai ritardi accumulati dal paese, che possono essere riassunti in tre punti: infrastrutture di rete e banda ultra larga; alfabetizzazione e competenze di cittadini e imprese; sostegno allo sviluppo dell’economia digitale. Perseguendo queste linee e con la stella polare della trasformazione della pubblica amministrazione al “servizio” di cittadini e imprese, stiamo disegnando la roadmap dei prossimi anni.
In questo quadro che ruolo svolge l’Agid?
L’Agenzia deve essere al contempo centro di competenza e soggetto attuatore della strategia digitale del sistema paese. Due ruoli importanti che trovano la loro spinta e la loro sintesi nel fatto che il digitale non è solo un “capitolo” di un’agenda di governo, ma un fattore trasversale dello sviluppo dell’intero paese. Per parlare e connettere le diverse realtà della società, Agid deve fornire linee guida omogenee e coordinate, standard, strumenti tecnologici e piattaforme abilitanti. Per una visione strategica di lungo raggio si deve riorganizzare e digitalizzare i processi della filiera pubblica estesa, sostenendo le politiche del governo in tema di innovazione per la crescita economica, sociale e culturale. L’Agenzia deve promuovere cosa è nuovo, cosa è migliore. Vogliamo essere in prima linea nell’aiutare il paese a crescere.
Il Rapporto Ocse sullo stato dell’alfabetizzazione digitale in Italia, ha fatto emergere dati chiari: metà della popolazione italiana non possiede un computer e la aumenta se si guarda al dato relativo agli gli ultra quarantacinquenni. Che idea si è fatta di questa situazione?
Si tratta di dati che ci raccontano come il divario tra chi sa utilizzare la tecnologia e chi no sta diventando radicale e lascerà fuori una grossa fetta della popolazione. Non è una questione da addetti ai lavori, è una questione che ha un impatto forte sui problemi chiave del paese, in primo luogo quello della disoccupazione. Promuovere lo sviluppo delle competenze digitali come parte integrante del curriculum formativo, significa innanzitutto affermare che l’uso delle nuove tecnologie quotidianamente nelle scuole è una priorità. E in questo senso le proposte contenute nel programma “La Buona Scuola” ora in consultazione pubblica, devono vedere l’Agenzia come un grande alleato. Insieme va affrontato un percorso di sostegno e alfabetizzazione digitale diretto alle imprese affinché affrontino il percorso di rinnovamento di un sistema produttivo di cui l’Italia, con il suo tessuto produttivo fatto di milioni di piccole e piccolissime imprese, ha particolarmente bisogno.
I progetti di digitalizzazione della PA producono un’ingente mole di dati. E qui entrano in campo gli open data. Come si sta muovendo Agid su questo fronte?
La digitalizzazione del paese non ha solo un risvolto economico, ma è anche condizione necessaria di maggiore democrazia. Le policy sugli “open data” promuovono la trasparenza e la responsabilità, e aumentano la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Trasparenza e apertura dei dati sono un fattore chiave per riavvicinare la pubblica amministrazione ai cittadini. Gli open data poi, come è noto, possono aiutare l’economia e dare vita a nuove occasioni imprenditoriali. Agid può favorire una innovazione guidata dai dati. Si tratta ora di parlarne di meno e iniziare a farlo. Per capire quali sono le basi dati di interesse nazionale, i flussi di interoperabilità e i processi di interazione e dialogo tra sistemi, abbiamo bisogno di più informazioni, in modo da poter adottare standard comuni per le strutture di dati e metadati, migliorando la qualità nell’erogazione e nella fruizione di servizi. L’Agenzia ha avviato la procedura per permettere a tutte le pubbliche amministrazioni e società partecipate di comunicare l’elenco delle basi di dati in loro gestione e degli applicativi che le utilizzano. Abbiamo ricevuto più di 12mila comunicazioni degli elenchi delle basi dati. Un risultato molto importante, specialmente considerato il tempo ristretto per l’adempimento. Inoltre il numero delle basi dati pervenute è di gran lunga superiore a quello di altre comunicazioni obbligatorie esercitate in passato.
Quale sarà il passaggio successivo?
Creare un contesto normativo e tecnico comune a tutte le pubbliche amministrazioni per liberare il più possibile il potenziale offerto dall’uso e dal riuso dei dati.
Grande parte delle politiche digitali, come è ovvio, devono essere trainate dalla banda larga. Il governo ha un suo piano di sviluppo insieme a Infratel e Regioni. Crede che possa funzionare?
L’Agid sta collaborando con il ministero dello Sviluppo Economico e Palazzo Chigi alla redazione di un nuovo Piano Strategico per la banda ultralarga anche al fine di migliorare l’Accordo di Partenariato richiesto dalla Commissione Europea. Il mercato da solo, finora, non è stato grado di soddisfare le richieste dell’Agenda Digitale Europea, ovvero garantire entro il 2020 una velocità di connessione di oltre 30 Mbps per il 100% dei cittadini e di oltre 100 Mbps per almeno il 50% delle famiglie. L’Italia si è impegnata a perseguire questi obiettivi e deve trovare soluzioni per colmare il suo ritardo infrastrutturale, che viene da lontano. È per questa ragione che il Piano strategico banda ultra larga va ridefinito a grande velocità, perché è una strategia chiave per lo sviluppo economico del nostro Paese, sulla quale bisogna reperire risorse per gli investimenti.
Ma le risorse basteranno?
Intanto possiamo segnalare che nell’ultimo decreto Sblocca-Italia sono inseriti alcuni provvedimenti e agevolazioni fiscali che favoriscono la realizzazione di reti di comunicazione a banda ultralarga, insieme a norme di semplificazione per le procedure di scavo e di posa aerea dei cavi, nonché per la realizzazione delle reti di telecomunicazioni mobili. Risorse per investimenti pubblici, misure per favorire e accelerare gli investimenti degli operatori privati, insieme a norme che semplifichino i lavori vanno poi unite a misure che sostengano la domanda. I grandi obiettivi di portare la pubblica amministrazione e tutti i suoi servizi online e la digitalizzazione della scuola, servono anche a questo.
L’Europa ha cambiato la sua organizzazione nelle politiche per il digitale, ora ci sono due commissari. Come valuta questa scelta?
Io credo che il nuovo Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Junker con la nomina dei due commissari, di cui uno vice presidente, abbia voluto dare un forte segnale di quanto saranno fondamentali le politiche per il digitale nei prossimi anni. Ed infatti le competenze e la dimensione della DG Connect ( direzione generale Communications Networks, Content and Technology della Commissione ndr) saranno ampliate. Lo stesso Juncker, nel tracciare le priorità politiche post-crisi durante il suo discorso di insediamento a metà Luglio, si è concentrato sul rischio che l’Europa diventi un attore secondario nell’era digitale. Non c’è una singola impresa europea tra quelle che sono in alta classifica per i servizi su Internet. Non è più rimandabile per l’Unione il tema nodale di sviluppare una strategia comune per incentivare le politiche per il digitale, che devono diventare il cuore della crescita economica, ma anche sociale, dell’intero continente.