La Commissione europea stringe su Apple e fisco. Bruxelles ha infatti pubblicato la lettera inviata a Dublino con cui ricostruisce le relative vicende degli accordi fiscali tra la Mela e il governo Irlandese tra il 1990 e il 2007 e con le relative accuse di aiuti di stato mosse dalla Ue.
I meccanismi nel mirino di Bruxelles riguardano i tax rulings, ovvero gli accordi che le società prendono con le autorità fiscali nazionali che consentono di sapere in anticipo a quel tipo di regime fiscale verrà applicato il loro business. In pratica, secondo la Ue, le grandi multinazionali riescono a spostare, dal punto di vista contabile, i guadagni laddove vengono tassati meno. Ciò accade facendo fatturare a società controllate la vendita di beni o servizi ad altre del gruppo, a volte anche a prezzi fuori mercato, perché alla fine i profitti figurino laddove la mano del fisco è più leggera.
Sotto i riflettori anche il transfer pricing, il meccanismo usato per confermare i cosiddetti prezzi di trasferimento ovvero quelli fatturati per transazioni commerciali tra entità differenti di uno stesso gruppo. Secondo la Commissione tali prezzi influenzano la ripartizione dei guadagni imponibili tra le filiali di un gruppo stabilite nei diversi paesi. Se le autorità fiscali nazionali, al momento di accettare il calcolo del la base di imposta proposto da una impresa spingono per remunerare una filiale o una succursale alle condizioni di mercato, si esclude la presenza di un aiuto di Stato; ma se il calcolo non si fonda su le condizioni predette, è possibile che l’impresa benefici di un trattamento più favorevole di quello che sarebbe normalmente riservato ad altri contribuenti.
Le parole del commissario alla Concorrenza, Joaquin Almunia, sono inequivocabili: “Secondo l’opinione preliminare della Commissione, si tratta di aiuti di Stato”. Per il colosso di Cupertino potrebbe arrivare, se le indagini si concluderanno con la condanna delle operazioni dell’Irlanda, una sanzione miliardaria
In base alla ricostruzione che emerge dalla missiva, le autorità irlandesi avrebbero accettato di considerare come base imponibile della società Usa, in relazione alle filiali irlandesi, dei valori non allineati a quanto sarebbe avvenuto normalmente sul mercato, con una metodologia da “mercato” della tassazione più che fatta di rigore e calcoli precisi. Un beneficio che Apple avrebbe ottenuto mettendo sul piatto della “trattativa” pesi quali l’opportunità di creare occupazione, che però non dovrebbero rientrare nel computo delle tasse e che hanno generato un’asimmetria nel mercato.