Non sono ancora maturi i tempi per il Durc online, la rivoluzione che era stata annunciata a marzo da Governo. A quasi cinque mesi dalla scadenza dei sessanta giorni dall’entrata in vigore del Decreto Lavoro (DL 34/2014), nell’ambito del Jobs Act, che prevedeva la verifica in tempo reale, tramite un clic, del Documento unico di regolarità contributiva, la questione è ancora in alto mare. Il ministero del Lavoro, di concerto con il Mef e il ministero della Semplificazione, previo ascolto dei pareri di Inps, Inail e Commissione nazionale paritetica per le Casse edili, avrebbe dovuto definire “i requisiti di regolarità, i contenuti e le modalità di verifica” del documento. In sostanza, l’emissione del Durc doveva essere sostituita da una verifica grazie a cui si sarebbe rimasti coperti per 120 giorni, con il dettaglio della novità da stabilire con decreto. Ma la partita si è rivelata più complessa di quel che si credeva.
Tre i principali problemi. Il primo è legato ai profili organizzativi della riforma: la verifica telematica, infatti, è semplice solo dal punto di vista teorico; nella pratica, i sistemi informativi dei tre enti (Inps, Inail e Casse edili) funzionano separatamente, mentre la rifoma presuppone che diventino un contenitore unico. In questo ambito l’Inps, la struttura più gande, deve affrontare gli ostacoli logistici più rilevanti.
Il secondo problema è connesso alle procedure, una questione che il Decreto lascia ai provvedimenti attuativi. All’interno di questa verifica della regolarità contributiva con un clic, dunque, potrebbe esserci di tutto, poichè non è possibile stabilire chi la effettua e con quali modalità. Un altro punto è: cosa avviene nel caso in cui venga accertata l’irregolarità dell’impresa? Oggi negli appalti pubblici esiste una procedura assai garantista: la Pa che rileva l’irregolarità informa l’impresa, che ha 15 giorni per rimettersi in regola. Ma un Durc “negativo” può essere frutto di numerosi fattori: errori formali, dimenticanze, mancanza di liquidità.Per questo il decreto attuativo dovrà avere una solida definizione delle procedure, da concordare con imprese e sindacati. L’ultimo problema è legato ai dubbi dei sindacati rispetto alla norma in base a cui la verifica della regolarità contributiva comprende i pagamenti scaduti, “sino all’ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata”. In questo modo il documento allungherebbe il suo tempo di vita fino a sei mesi. Una situazione che colliderebbe con la vita di alcune lavorazioni, come quelle in subappalto, a maggior rischio contributivo.