La rinascita di Alcatel-Lucent parte dal Giappone. La multinazionale franco-americana ha infatti battezzato un centro di ricerca e collaborazione a Tokyo con l’obiettivo di buttare un ponte con gli operatori nipponici. Nella struttura gli esperti di Alu lavorano in partnership con i ricercatori di big nazionali del calibro di NTT Docomo, KDDI e Softbank.
“Il Giappone è uno dei più grandi mercati del mondo – spiega il ceo di Alu, Michel Combes al giornale francese Les Echos – E i suoi player si stanno muovendo rapidamente in vista dell’adozione di tecnologie all’avanguardia; in questo senso giocheranno un ruolo cruciale nelle definizione futuri standard globali”.
Per Combes l’apertura del centro rappresenta un’eccezionale occasione per l’azienda su un mercato, come quello giapponese, monopolizzato troppo a lungo da produttori di reti locali come Nec e Fujitsu. “Ma questi gruppi sono poco radicati all’estero e non sempre hanno la massa critica necessaria”, sottolinea il ceo.
I numeri spiegano bene la centralità che il Giappone assume nelle strategie dei produttori di reti. Nell’anno fiscale che si è concluso a marzo, le importazioni di attrezzature per le tcl sono salite a 618,6 miliardi di yen. E nel solo trimestre aprile-giugno, le importazioni di stazioni di base per le reti mobili è balzato al 33,7%, dimostrando la volontà del Paese di modernizzare le sue infrastrutture. In questo scenario trova un posto d’onore anche il 5G: le Olimpiadi di Tokyo del 2020 potrebbero essere l’occasione per il lancio commerciale dell’Lte advanced.
Alcatel-Lucent stima che il traffico dati globale nel 2016 sarà principalmente dovuto al consumo di video su smartphone e che sarà 25 volte più alto di quanto non fosse nel 2012. E ciò, ovviamente, richiede reti sempre più flessibili capaci di adattarsi alle richieste in tempo reale.
L’investimento in Giappone di Alcatel-Lucent è parte di un più ampio tentativo di espandere il gruppo in Asia, dalla quale oggi deriva gran parte della crescita globale delle telecomunicazioni. Già presente in Cina da 30 anni, attraverso la sua joint venture Alcatel-Lucent Shanghai Bell, il gruppo è però ancora dietro a concorrenti quali Huawei e Nokia nel resto del Continente.
La strategia però, secondo gli analisti, punta anche a rassicurare gli investitori e il mercato. Va ricordato infatti che in una settimana il prezzo delle azioni è caduto del 18%, per tornare sotto di 2 euro.