DIGITAL MINDS - 14

Levy: “All’Europa digitale servono nuovi check and balances”

Il presidente e ceo di Publicis Groupe: “Le preoccupazioni per la privacy sono l’altro lato della medaglia di una società sempre più efficiente, con i cittadini sempre più protagonisti. Su questo l’Unione europea deve avere un ruolo sempre più di primo piano”

Pubblicato il 15 Ott 2014

Antonello Salerno

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Digital Minds for a new Europe” è il titolo della serie di interventi raccolti sul sito di Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione Ue e commissario uscente all’Agenda digitale. Quaranta contributi che fino al 31 ottobre accompagneranno con proposte e idee sui temi dell’innovazione il periodo che manca alla fine del mandato.

Oggi è la volta di Maurice Levy, presidente e ceo di Publicis Groupe. (Qui l’intervento integrale).

“Albert Einstein era solito dire che “L’immaginazione è più importante della conoscenza”. Difficilmente di potrebbe non essere d’accordo. Applicando lo stesso principio, non possiamo che deplorare il fatto che l’Europa continui a mancare l’obiettivo nell’era digitale. Albert Einstein era un cittadino europeo e aveva la conoscenza, questo è un fatto. Ma, ed è ancora più importante, si spingeva fino ai limiti dell’immaginazione, oltre l’ambiente sicuro e con le possibilità del potere brutale della mente. Sfuggendo ai tempi più oscuri dell’Europa, la sua immaginazione era al servizio di un Paese di pionieri e di imprenditori: gli Stati Uniti (…). Oggi è il momento di liberare l’innovazione su scala globale. L’Europa si vanta di asset eccellenti, ma è ancora indietro. Recuperare questo divario è un dovere per tutti noi.

Lo tsunami digitale a cui stiamo assistendo consiste principalmente in un cambiamento culturale: l’autonomia di cittadini e consumatori sta guadagnando sia ritmo che portata. Infatti gli insaziabili ‘millenials’ sono alla testa di questo fenomeno, con la crescita esponenziale della condivisione di mezzi, strumenti, opzioni di scelta, codecisione e azione: tutto in mobile e in orizzontale, come emerge dal mantra del peer-to-peer. “Always-on” e in allerta, il cittadino crea contenuti, fa confronti, blog, recensioni, crea brand e dà vita a rivoluzioni sui social network. Fuori dalla passività di massa, l’era digitale è quella della condivisione e della istantaneità, e quindi dell’efficienza. Con un effetto collaterale inevitabile: la crescita delle preoccupazioni sulla privacy è l’altro lato della medaglia di questo miglioramento dell’efficienza. Si può comprare online, usare servizi basati sul Gps,e come risultato l’Nsa e le grandi firme della tecnologia sanno di più su ogni cittadino, sulle abitudini e le reti di contatti. Potenzialmente per sempre, a meno che il diritto all’oblio non venga rinforzato”. (…)

“Io sono un ottimista, e in quanto tale ho fiducia nel fatto che in questa era digitale, l’Europa saprà giocare un ruolo proporzionale con il suo peso, e, cosa ancora più importante, con la sua visione del mondo che verrà. Paradossalmente, questa è l’eredità di uno spaventoso ventesimo secolo in Europa: spianare la strada a un indispensabile sistema di “checks and balances”. Con la speranza che si tratti di “Democrazia e prosperità 2.0”.

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