Il recente Festival dell’Economia di Trento il ministro Pier Carlo Padoan ha individuato nella produttività il punto dolente su cui intervenire per rilanciare il Paese. Risalire la classifica di questo indicatore è indispensabile, visto il drammatico calo negli ultimi due decenni. Eppure, l’uomo della strada si pone qualche domanda: “Lavoro sempre fino a tardi e andiamo male!”, “Vado all’estero e mi dicono che alle cinque o alle sei del pomeriggio sono tutti fuori dall’ufficio”. Senza scomodare la Sociologia per indagare i fenomeni di massa e le abitudini culturali, sappiamo bene che burocrazia e gap tecnologici sono cause importanti – non sempre percepite, soprattutto la seconda – dei ritardi che generano “malessere collettivo” in Italia.
Il TFP, l’indicatore sintetico che misura a livello UE l’incidenza di vari fattori sulla produttività dei singoli Paesi, parla chiaro: nel periodo pre-crisi (2004-2007) i Paesi che hanno effettuato meno investimenti in tecnologia rivelano una produttività più bassa. Eccoci lì, insieme a Spagna e Portogallo. E si potrebbe continuare, parlando di Ricerca e Sviluppo, efficienza dei Governi, tassazione e via discorrendo. Ma parliamo di Ict, di Economia Digitale, sulla quale da molti anni gli Osservatori del Politecnico di Milano insistono, individuandole come leve per lo sviluppo e la competitività. Nei numeri precedenti abbiamo già visto diversi esempi di applicazioni tecnologiche e dei benefici generati. Si è parlato di fatturazione elettronica, di pagamenti elettronici, di eCommerce, di digitalizzazione degli acquisti in ambito pubblico. Aggiungiamo un tassello importante con la Mobile Enterprise, che si sta affermando, almeno a livello di imprese più grandi e strutturate, come la nuova frontiera su cui costruire differenziali competitivi per le imprese.
“La Mobile Enterprise, cioè l’insieme delle soluzioni integrate basate su tecnologie Mobile, – afferma Paolo Catti, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Enterprise della School of Management del Politecnico di Milano – è sempre più oggetto di attenzione da parte dei Cio delle imprese intervistate (NdA: l’indagine ha coinvolto 613 Executive e C-Level, tra i quali 194 Cio e responsabili dei sistemi informativi). Nel 2012 il 37% dei Cio attribuiva a questi investimenti priorità alta. Questo valore, in crescita anno dopo anno, gli stessi Cio prevedono che possa aumentare fino al 63% nel 2016”. Quali le applicazioni e i benefici? “Il valore generato da queste soluzioni – prosegue Paolo Catti – è trasversale alle diverse funzioni aziendali: dalle vendite alla manutenzione, dalle operations alla logistica, senza escludere le attività trasversali di supporto amministrativo e organizzativo”.
Qualche esempio? “Applicate all’area vendite, queste soluzioni possono generare risparmi tra i 2,5 e i 6,5 euro per ogni ordine lavorato. L’acquisizione automatica di informazioni riduce gli errori nella digitazione dei dati e la durata del ciclo ordine-consegna-fatturazione. Nell’ambito delle operations, invece, Mobile enterprise vuol dire eliminare le attività di consuntivazione, ridurre i tempi di manutenzione straordinaria degli impianti, migliorare l’integrazione con il magazzino ricambi e accumulare informazioni utili per migliorare le pianificazioni e gli interventi. Parliamo, in questo caso, di circa 40 euro di risparmi per ogni intervento”. Trasferiti a livello di sistema Italia, i numeri si moltiplicano. Lavorare meglio, ridurre gli errori, comprimere le attività a basso valore aggiunto sono i principi di una buona ricetta per rendere più competitive le imprese, almeno sul fronte della gestione delle attività lavorative. La Mobile enterprise può, allora, proporsi come un modello anche per le realtà più piccole, rispetto al campione esaminato dalla Ricerca. Timidi esempi si notano nei più disparati campi: dai professionisti ai piccoli gestori di impianti, fino ai ristoratori e ai camerieri, che utilizzano dispositivi elettronici per le ordinazioni e la gestione dei pagamenti al tavolo. I 13 milioni di lavoratori – agenti di vendita, autisti, postini, solo per citarne alcuni – sono la popolazione dei lavoratori in mobilità che, sempre più, può essere supportata dalle soluzioni Mobile. “Il 25% circa di penetrazione delle tecnologie mobile tra i mobile worker – conclude Paolo Catti – si traduce ogni anno in quasi 9 miliardi di euro risparmiati. Mi piace pensare, che questo valore misuri la ritrovata competitività per il nostro Sistema Paese”.