Il segreto delle startup dell’Ict che vogliono crescere più in fretta delle altre e avere più successo? Nascere in Italia e rastrellare finanziamenti negli Stati Uniti. È così che hanno fatto Decisyon, iMedia Comunicazione, Funambol e Gild: quattro “scaleup” (si chiamano così quelle neo-imprese che, superata la fase di avvio, hanno già fatto il primo passo per diventare player rilevanti nel loro settore di riferimento) dotate di queste caratteristiche. È uno dei dati che emerge da una mappatura delle startup italiane dell’Information & Communication Technology realizzata di recente da Startup Europe Partnership (Sep), piattaforma paneuropea nata a gennaio 2014 con l’obiettivo di aiutare le migliori startup europee a scalare e a diventare campioni globali.
Dalla mappa messa a punto da Sep risulta che a tutt’oggi sono 108 le ex baby-aziende – oggi giovani promesse – dell’Ict. Di queste il 68% ha raccolto tra mezzo milione e 2,5 milioni di dollari, il 17% tra 2,5 e 5, l’8% tra 5 e 10 e il 7% oltre 10 milioni. E-Commerce e servizi per le imprese risultano i settori a più alta densità (16%), seguiti da Software (12%) e Mobile (10%).
Soffermandosi ad analizzare le scaleup che crescono più in fretta, il rapporto evidenzia come gran parte di esse seguano il “dual model”, cioè nascita in Italia e sviluppo (e capitali) negli Stati Uniti.
È stato così per Decisyon, che a tutt’oggi vanta una raccolta fondi record: 44,1 milioni di dollari raccolti complessivamente dalla nascita. È stata fondata nel 2005 a Latina da Franco Petrucci, 48 anni, ingegnere, che ha ideato un software per adattare i sistemi tecnologici al modo di lavorare: in sostanza una piattaforma che permette di scrivere, consultare la contabilità, dialogare con i colleghi e i fornitori senza saltare da un programma all’altro. Nel 2010 Petrucci si è trasferito in Silicon Valley dove ha incontrato Cosimo Palmisano, oggi 38enne, all’epoca studente di ingegneria a Bari e vincitore di una borsa di studio nella valle dell’innovazione. Palmisano aveva già cominciato a lavorare su un software per gestire il Crm, cioè le relazioni con i clienti, attraverso i social media. La partnership tra i due ha funzionato alla perfezione. EcceCustomer, la società di Palmisano, è diventata uno sviluppo verticale di Decisyon. Adesso Petrucci è Cto della nuova Decisyon, dove sono entrati manager provenienti da Ibm, Apple, Dell, Monsanto. Palmisano da vice president gira il mondo per vendere il suo prodotto.
La società è insomma scaturita dal matrimonio tra ingegnosità italiana e fecondità dell’ecosistema californiano, come è avvenuto per altre scaleup citate dal rapporto europeo. Tra queste iMedia Comunicazione, agenzia di media placement fondata nel 2010 con quartier generale a Milano e 3 linee di business in Cina. Ha ricevuto 20 milioni di dollari da gruppi americani quali Kleiner Perkins Caufield & Byers and IDG Capital Partners.
Altra scaleup nata in Italia e cresciuta negli Stati Uniti è Funambol, provider di soluzioni cloud per operatori telefonici. Ha ricevuto oltre 25 milioni di dollari di investimento da H.I.G Capital, Nexit Ventures, Castile Ventures e Walden International. Il quartier generale è in Silicon Valley, ma il centro di Research & Development che si occupa di tutto lo sviluppo del software è in Italia, a Pavia.
Infine si può citare Gild, nata appena tre anni fa, con sede a San Francisco e centro R&D a Milano. Sviluppa un software per il recruitment che aiuta le imprese a scegliere i migliori sviluppatori. Questa estate ha raccolto 13.5 milioni di dollari da Menlo Ventures più altri investitori.
“I dati ci suggeriscono che il ‘modello duale’ sembra rappresentare una piattaforma efficace, per quanto ibrida” spiega Alberto Onetti, presidente di Mind the Bridge Foundation (incubatore americano-italiano di startup) e responsabile del programma Startup Europe Partnership. “Questo modello – prosegue – permette infatti di valorizzare i punti di forza italiani, quali eccellenza e competenze tecniche, superando alcuni limiti del nostro sistema: limitati capitali disponibili per la crescita e scarso ‘appeal’ della normativa italiana in ambito internazionale. Forse non è la soluzione ideale, ma è una strada che consente di far crescere i progetti italiani a livello internazionale”.