Le previsioni sul futuro della stagione Tv cominciano a diffondersi come le previsioni meteo; in entrambi i casi c’è da sperare che siano accurate, come non sempre accade. Il fatto è che la stagione appena aperta non è una delle tante: nel 2015 il governo dovrà mettere mano al nodo Rai e, visto che tutto è collegato, ciò significherà una serie di spostamenti e riassetti di prima grandezza. Non è quindi irrilevante come i vari broadcaster e narrowcaster si presenteranno a questo appuntamento. Qualcuno ha già ritenuto che per un miglior piazzamento conviene metter mano al portafoglio, anche se i ricavi pubblicitari non dovessero al momento remunerare l’investimento: ci permettiamo di motivare così la scelta tutta informativa e politica de La 7 di Urbano Cairo.
Non sarà irrilevante, quando si apriranno i giochi, quali saranno i rapporti di forza tra televisione pay e free-to-air, e sarà utile sapere se Mediaset è riuscita ad arrestare l’emorragia pubblicitaria che, data la forma che ha questa azienda, ha significato una seria mancanza di idee. E infine la Rai: mentre si discute sull’accentramento delle risorse informative (con i prevedibili surplus di giornalisti) in una dialettica – non nuova – tra azienda e sindacato dei giornalisti, non è del tutto chiaro quanti nell’azienda abbiano capito che nel 2015-16 la Rai si gioca tutto e che un quarantennale sistema di protezioni politiche incrociate è tramontato. Se il canone, da sempre reddito certo, diventasse un fondo a cui varie emittenti accedono in ragione dei programmi di servizio che fanno, l’azienda andrebbe in uno stallo da cui forse sarebbe impossibile rialzarsi.
Personalmente riteniamo occuparsi di questo assai più produttivo che discettare su quanto dell’ex ascolto dell’ex Ballarò si ripartisca fra il nuovo Ballarò e il nuovo Floris, quando è chiarissimo che è la fiction ad aver assunto il compito di raccontare la realtà in televisione. “Fateci sognare”, insomma. Abbiamo tutti visto ad abundantiam i servizi su Lampedusa, le incursioni nelle fabbriche fantasma piene di cinesi che lavorano, sulla sanità che non va. E sempre meno sopportiamo i politici che, su quelle immagini, litigano fra loro.
Forse sarebbe utile parlare di più di questa scadenza che non tutti hanno compreso: contratto di servizio e convenzione Stato-Rai diventano un atto unico, di fatto: il sistema televisivo si modifica radicalmente in forma indiretta, come avviene ormai da qualche anno. E non è più possibile distinguere fra televisione, video, telecomunicazioni, internet nei termini con cui li abbiamo affrontati fino a non molto tempo fa.