Nel 2012, l‘Icann (l’ente no profit che coordina dal 1998 il sistema dei nomi a dominio) ha iniziato il processo di liberalizzazione dei domini di primo livello (i cosiddetti top level domain o gTLD: l’ultima parte degli indirizzi internet, ad esempio i noti .com o .net), rendendo possibile registrare come gTLD anche parole di uso comune, marchi o segni.
In poco meno di due anni, le richieste di registrazione per nuovi top level domain sono già più di 1900, e la registrazione di nomi a dominio caratterizzati da questi nuovi gLTD è diventata possibile a partire dall’ottobre 2013. L’Icann stima che nei prossimi anni si renderanno disponibili ben 1300 nuovi top level domain. Lo scenario è dunque in pieno fermento, e le grandi imprese si sono già attivate, inviando numerose richieste di registrazione all’Icann.
Quali sono le ragioni per cui le imprese sono interessate a registrare nuovi top level domain? Prima di tutto, vi è il puro interesse economico, ovvero l’acquisto per spirito d’impresa. Le possibilità di business aperte dai nuovi top level domain sono molteplici e potenzialmente di enorme successo. Questa è la ragione per cui grandi aziende, specie quelle più orientate sul mercato on-line, come Amazon, Apple o Google, hanno già depositato numerose richieste di registrazione, anche per parole di uso comune.
Dall’altro lato, vi è anche una ragione difensiva, di tutela dei propri marchi e segni. Questa è la ragione, per cui moltissime imprese, anche non strettamente orientate al solo mercato on-line, hanno richiesto la registrazione di top level domain corrispondenti ai propri marchi o segni distintivi. In questo modo, infatti, le imprese mirano ad assicurarsi un controllo diretto sui futuri nomi a dominio creati con questi top level domain. Ad esempio, Bmw ha già ottenuto la registrazione come top level domain dei suoi marchi “Bmw” e “Mini”.
Un fatto è comunque certo: i nuovi gTLD permetteranno la creazione di domini internet particolarmente customizzati, di sempre maggiore impatto sul pubblico e, dunque, dotati di una riconoscibilità e di un valore di mercato sempre maggiore.
In questo scenario è di grande importanza, per le imprese, tutelare in internet i propri marchi e segni distintivi, così da garantirsi una piena riconoscibilità e visibilità in rete. Le misure disponibili sono sia preventive, per evitare che altri si approprino dei propri marchi e segni distintivi come, ad esempio, sia offensive, per evitare che terzi continuino a violare i propri diritti IP. Ed è proprio da questo punto che lo studio legale Trevisan & Cuonzo Avvocati partirà per analizzare il tema all’interno di Smau Milano, con un workshop dal titolo “Internet e IP: la tutela del marchio in rete” tenuto dall’avv. Giacomo Desimio, nella mattina del 22 ottobre prossimo.
Tra le misure preventive, sempre restando in tema di nomi a dominio, riveste grande importanza il monitoraggio periodico delle banche dati on-line specifiche sui nomi a dominio (in gergo, WHO.IS: si tratta di database aggiornati in tempo reale e che indicano i nomi a dominio in fase di registrazione), al fine di segnalare alle competenti autorità di gestione del top level domain la propria opposizione alla registrazione di un determinato nome a dominio. Tra quelle protettive, invece, segnaliamo la pratica del c.d. passive holding, ovvero la possibilità di registrare (a prezzi ragionevoli) possibili nomi a dominio simili a quelli di effettivo utilizzo, senza usarli veramente ma al solo scopo di occupare il relativo spazio virtuale ed evitare che terzi malintenzionati ne facciano uso.
L’adozione di queste contromisure, inoltre, non ha l’effetto di proteggere solo le imprese ed il loro posizionamento sul mercato, ma ha anche quello di tutelare i consumatori, garantendo sempre un corretto collegamento tra prodotto/servizio offerto in rete e l’impresa da cui lo stesso proviene.
In questo quadro anche la recentissima Dichiarazione dei diritti in Internet elaborata dalla Camera dei deputati ha riconosciuto l’importanza che deve essere data alla sicurezza in rete, anche in connessione al rispetto dell’identità di ciascun soggetto operante su internet. Gli articoli 8 e 12 della Dichiarazione riconoscono rispettivamente il diritto all’identità in rete di ciascuna persona e il principio di sicurezza della rete, anche da intendersi come interesse dei singoli.
Una questione calda, dunque, che apre molteplici spiragli di riflessione riguardo rischi e opportunità per le imprese, ma anche per gli stessi consumatori.