È rivolta popolare in Ungheria contro la ventilata “tassa su Internet” che, se approvata, sarebbe la prima al mondo di questo genere. Migliaia di ungheresi sono scesi ieri in piazza a Budapest per manifestare contro il governo del primo ministro Viktor Orban, che ha avanzato una proposta di legge per far pagare agli Internet service provider (Isp) una tassa di 150 fiorini (50 centesimi di euro) ogni gigabyte di traffico.
Secondo i manifestanti, con questa mossa l’esecutivo guidato da Orban, più volte accusato in passato di provvedimenti anti-democratici, non solo andrà a incrementare il carico fiscale ma limiterà fortemente i fondamentali diritti di libertà di espressione dei cittadini.
La tassa è stata annunciata il 21 ottobre dal ministro dell’Economia Mihaly Varga dopo che il partito del premier, Fidesz, ha sconfitto l’opposizione nelle elezioni comunali. Varga ha aggiunto che la tassa, a cui sarebbero soggetti gli Isp, è una “logica estensione della tassazione su chiamate telefoniche e messaggi di testo che il governo ha annunciato nel 2011”. Inizialmente il provvedimento prevedeva che a pagare fossero i singoli abbonati a Internet, poi il governo ha chiarito che avrebbero pagato le aziende. Ma la protesta è andata avanti comunque.
È la prima volta che un governo vuole imporre una tassa del genere. Tassa che, secondo i provider, rischia di minare lo sviluppo della banda larga nel paese.
Contro la proposta di legge si è schierata anche la commissaria europea uscente all’agenda digitale Neelie Kroes, che l’ha bollata come “una vergogna. Non è una buona idea imporre tasse unilaterali su Internet – ha detto, intervistata dal Financial Times – perché non farà che incrementare i costi di accesso a Internet per i consumatori”.
A loro volta i dimostranti, circa 10mila ieri sera secondo fonti di agenzia, per bocca dell’organizzatore Balazs Gulyas hanno sottolineato i rischi per le libertà civili. “Chi usa Internet ha una visione più ampia del mondo – ha detto Gulyas – per questo il governo non vuole l’Internet libero. Ma noi non pagheremo un’imposta del genere a un’autorità fiscale corrotta”.
La tassa su Internet è l’ultima delle imposizioni fiscali “straordinarie” volute dal premier per coprire i buchi di bilancio e riportare il rapporto decifit-Pil sotto il 3% come chiesto dall’Unione europea. Orban ha già tassato vari settori tra cui il comparto energetico, quello bancario e le telecomunicazioni.
Da quando è salito al potere Orban è risultato vincitore ad ogni tornata elettorale, compresa la sua rielezione ad aprile per un secondo mandato di 4 anni. A luglio ha sostenuto che occorreva sostituire la democrazia liberale con uno “Stato illiberale”, citando Russia e Turchia come possibile esempi da seguire. Al tempo stesso sta tentando in ogni modo di mantenere il proprio posto nella Ue, fonte di miliardi di euro di finanziamenti.